di Pasquale Granata
Mancano poche settimane ormai alla chiusura di un anno molto importante per Ifel Campania. Un 2019 che ha visto la Fondazione affrontare sfide veramente significative, dure e direi, fondamentali per noi e per la Campania. Sto parlando del nuovo ciclo di programmazione dei fondi per la coesione 2021/2027 e del Piano per il Lavoro nella Pubblica Amministrazione, due iniziative della Regione diversissime tra di loro ma allo stesso modo rilevanti per il futuro del nostro territorio. Lo dico non tanto per rivendicare il ruolo – comunque importantissimo – che Ifel Campania ha rivestivo e sta ancora rivestendo per la buona riuscita di questi progetti ma per far comprende quanto in questi anni sia mutato, o meglio si sia arricchito, il profilo operativo della Fondazione.
Chi ci conosce un po’ più da vicino sa l’impegno profuso nei settori dello sviluppo delle politiche territoriali, del rapporto Regione-enti locali, soprattutto del monitoraggio e gestione dei fondi strutturali, a proposito dei quali già siamo proiettati al ciclo di programmazione 2021/2027. Chi ci conosce sa soprattutto l’importanza dell’assistenza tecnica nell’andamento della pubblica amministrazione, che ha necessità di mutare anch’essa. I ridotti trasferimenti economici ma soprattutto le nuove condizioni “imposte” dall’innovazione tecnologica costringono gli enti locali, come anche la Regione, ad inseguire un cambiamento che significa innanzitutto snellimento dei processi amministrativi, modernizzazione dell’apparato burocratico, efficienza nella gestione delle risorse a disposizione.
In tutti questi campi Ifel Campania c’è, dal giorno della sua fondazione, al fianco delle amministrazioni locali, per supportarle in una prova che nella nostra regione, e più in generale nel Mezzogiorno, ha un valore altissimo, certamente più alto che nel resto del Paese. Il suo superamento infatti si tradurrà inevitabilmente nello sviluppo economico e sociale di un territorio che rischia, altrimenti, di perdere la partita della competitività di fronte a regioni molto più attrezzate. Non parlo di quelle del Nord Italia verso le quali il Meridione sconta un ritardo atavico ma di quelle emergenti di tante altre parti del mondo.
Se oggi le imprese fanno fatica a insediarsi sul nostro territorio, se alcune multinazionali hanno deciso di andar via, è anche perché la spinta all’investimento è frenata qui dalla troppa burocrazia e dall’incapacità della pubblica amministrazione a rispondere con celerità alle esigenze di chi produce. Si dirà: è un problema che investe l’intero apparato amministrativo del nostro Paese, non solo il Mezzogiorno. È vero, ma qui da noi pesa come un macigno. E per questo siamo ogni giorno impegnati per rendere concreto questo inevitabile processo di innovazione e modernizzazione.