di Patrizia Maglioni
I beni confiscati come leva di sviluppo dei territori, ma occorre superare una mentalità di nicchia. L’intervista all’Assessore alla Sicurezza, Legalità, Immigrazione della Regione Campania Mario Morcone

Uno dei punti centrali della lotta alla criminalità organizzata è il recupero a fini sociali dei patrimoni accumulati dalle attività delittuose. Nel tempo la confisca dei beni è, infatti, risultata un valido deterrente nella lotta all’infiltrazione della criminalità organizzata e su questa scia è andato consolidandosi il tema della valorizzazione di immobili, terreni, attività che hanno un peso sociale quanto economico per i territori nei quali insistono.
Proprio per cercare di favorire il riutilizzo in termini di crescita economica a fini sociali dei beni sequestrati alla criminalità organizzata, la legislazione italiana ha visto un’evoluzione che la indica tra le più avanzate a livello internazionale.
Su questo sfondo, nell’ottica di ottimizzazione dei programmi, la Regione Campania definisce un Piano strategico triennale che ha per oggetto i beni confiscati. Il denominatore comune del Piano prevede il riutilizzo istituzionale e sociale dei beni al fine di rispondere alle esigenze peculiari dei territori, con particolare attenzione a coloro che sono a rischio di emarginazione ed esclusione sociale. Un ruolo importante è poi quello del Terzo settore, non soltanto come possibile destinatario dei beni, ma come soggetto abilitante in grado, cioè, di correlare una data attività alla collettività facendola crescere. Tra gli obiettivi di fondo vediamo il riutilizzo produttivo, sostenibile e inclusivo dei beni per poter garantire il reinserimento socio-lavorativo di molti rafforzando al tempo stesso le filiere produttive e commerciali dei servizi.
Per molti giovani il riutilizzo dei patrimoni confiscati diviene propulsione per la creazione di nuove imprese sociali, start-up, nonché forme di agricoltura in linea con gli ambiti di eccellenza dell’agroalimentare regionale. Ad esprimersi sul tema è una voce autorevole, quella dell’Assessore alla Sicurezza, Legalità, Immigrazione della Regione Campania Mario Morcone.
Assessore Morcone, Lei ha una lunga esperienza nel mondo delle Istituzioni, visione e grande sensibilità nella conoscenza del territorio campano e non solo. Quali sono oggi le possibili risposte da mettere in campo per il buon governo degli spazi e in relazione alle strategie riguardanti la sicurezza dei cittadini?
“Il tema della sicurezza dei cittadini è piuttosto complesso poiché presuppone una serie di interventi e di connessioni. Di certo è un bene che riguarda tutti indistintamente e a cui ciascuno dovrebbe concorrere costruttivamente per la piena realizzazione. Tuttavia, purtroppo viene a volte strumentalizzato dalle forze politiche ai fini dell’acquisizione e del mantenimento del consenso. Possiamo dire che esiste una sicurezza in chiave cosiddetta securitaria, ossia che si punta a garantire esclusivamente con le forze dell’ordine, le quali – lo ricordiamo – fanno con competenza il loro lavoro e svolgono un ruolo fondamentale per la garanzia dell’ordine pubblico nell’attività di prevenzione e di repressione dei reati ma, come detto, alla sicurezza concorrono una serie di altri fattori. Volendo fare degli esempi concreti: l’illuminazione pubblica, il servizio di trasporto pubblico urbano, la riqualificazione degli edifici dismessi, il riuso e la rifunzionalizzazione, lo sviluppo di nuovi servizi. È inoltre importante la tutela dei diritti in tutta la sua declinazione per far sì che non vadano prese scorciatoie di mancato rispetto delle regole o di illegalità. Un pilastro della sicurezza consiste nella tutela dei diritti di ogni cittadino, la sicurezza è frutto di tutto questo e coincide con il termine libertà”.
Lei è stato Prefetto, Capo di Gabinetto del Ministero dell’Interno, ora è Assessore alla Sicurezza, Legalità, Immigrazione della Regione Campania. Qual è una misura di efficace deterrenza alla criminalità organizzata?
“Chi infrange la legge sa che sarà perseguito e sa che sconterà una pena, lo mette in conto, ma ciò che colpisce più a fondo chi delinque non è tanto la minaccia della sanzione, quanto l’essere privato dei proventi derivanti dal suo circuito di illegalità. Nel momento in cui chi delinque in modo organizzato non si giova più dei guadagni illeciti allora si può effettivamente sperare nella riuscita del contrasto al fenomeno criminale. Alla sottrazione dei beni deve chiaramente seguire il riutilizzo virtuoso e costruttivo. La restituzione alla collettività dei beni confiscati diventa così motore di sviluppo territoriale, nonché importante strumento di diffusione dei valori, soprattutto nei confronti dei giovani”.
Uno dei problemi afferenti al tema della legalità riguarda la crescente diffusione di fenomeni di disagio e devianza giovanile. Si mettono così in campo le politiche di contrasto alla dispersione scolastica implicita, esplicita e poi?
“Il tema della violenza giovanile è un tema decisamente allarmante che riguarda tante città non solo italiane, ma europee ed extraeuropee. In termini in qualche misura sociologici si può effettivamente dire che il percorso educativo di un giovane che va dalla famiglia alla scuola passando dalle politiche di inclusione sociale unitamente all’orientamento, al piano didattico personalizzato, alle attività extracurriculari, ai diversi ambiti di formazione professionale pur avvalendosi di importanti misure volte a favorire percorsi di crescita, da sole non bastano. Sicuramente un ruolo chiave è ricoperto dal lavoro; la prospettiva lavoro/dignità è il faro che dovremmo far scorgere ai giovani per la realizzazione personale e per un’impronta di maggiore civismo. Insieme a questo occorre, tuttavia, una posizione più ferma dal punto di vista giudiziario, senza sfociare negli eccessi di un atteggiamento repressivo fine a se stesso, ma tenendo sempre ferma la funzione rieducativa di ogni sanzione. Di fatto la certezza della pena rimane uno dei temi non risolti del nostro Paese”.
Come si può dare maggiore impulso all’inclusione sociale, all’occupazione e allo sviluppo locale anche mettendo a sistema i beni confiscati?
“In Campania sono molti i beni confiscati alla criminalità organizzata: nelle province di Caserta e Napoli se ne contano oltre i 3.000. Benché quello dei beni confiscati sia dai più considerato un settore di nicchia bisogna comprendere che, al contrario, costituisce un’importante leva di sviluppo del territorio. Sicuramente la linea tracciata da don Luigi Ciotti che di fatto ha messo in primo piano l’importanza, anche simbolica, della restituzione del bene alla collettività a seguito della confisca, occorre altresì sottolineare che ci sono beni di tale dimensione da non poter essere connotati dalla sola valorizzazione simbolica, ma che hanno di fatto la possibilità di diventare veri e propri elementi di sviluppo del territorio. A Santa Maria la Fossa, località Balzana, sono 220 gli ettari di terreno di una tenuta agricola, in passato appartenuti ad aziende note, poi rilevata da Bidognetti e da Schiavone ed oggi confiscata, costituiscono un’estensione di grande importanza per quel territorio; una realtà che non può avere vita con una cooperativa tradizionale, ma deve essere rilanciata come attività di promozione locale; insomma, un volano di sviluppo economico peculiare”.
Può descrivere un altro tra i diversi esempi virtuosi relativo all’area partenopea?
“In riferimento alla Città metropolitana di Napoli, può farsi l’esempio di Torre Annunziata, con Palazzo Fienga. Ho fatto notare recentemente al Ministro dell’Interno come la struttura vada abbattuta: era il simbolo del potere dei Gionta. In tal modo oltre all’opera di concreto contrasto che si esprimerebbe in termini manifesti e definitivi con l’abbattimento dell’edificio, l’area potrebbe finalmente tramutarsi in un polmone verde, un grande parco a vantaggio di tutta la collettività, seguendo la falsa riga di quanto già fatto dalla Regione Campania a Casapesenna con il bunker di Zagaria, abbattuto con l’ausilio dei vigili del fuoco alla presenza del Ministro dell’Interno e del Presidente della Regione De Luca. Del resto, un territorio sicuro capace di attrarre investimenti e dare maggiore possibilità di lavoro rimane uno degli obiettivi della nostra Amministrazione”.
Il Comune di Napoli sta lavorando alla realizzazione di un nuovo regolamento che preveda la possibilità di mettere a reddito i beni confiscati alla criminalità organizzata per ottenere risorse da destinare alla manutenzione dei beni stessi?
“Il Comune di Napoli sta lavorando con grande serietà al regolamento che era a dir poco antidiluviano. L’auspicio è che i lavori – che invero sono in corso già da tempo – riescano a concludersi in tempi brevi, senza eccedere in discussioni che vadano oltre i limiti dell’effettiva necessità. Ora è importante che nasca questo regolamento che ha ad oggetto un tema dal valore così alto e così chiaro”.
L’attività di riuso e valorizzazione dei beni confiscati può e potrà quindi essere coniugata sempre più ai bisogni del territorio, in particolare di coloro che presentano maggiori fragilità.
“Si, la nuova destinazione d’uso si fonde con i bisogni reali e questi ultimi spesso trovano armonia nella bellezza di molti luoghi. Tra i diversi esempi virtuosi possiamo ricordare l’Orsa Maggiore che è un’Associazione che sta in via Petrarca in quella che era la villa di Zaza, un edificio con una vista meravigliosa a 360 gradi sul golfo di Napoli. Lì l’Associazione Orsa Maggiore offre accoglienza diurna a ragazzi con disabilità. In questo come in molti altri casi non si può non notare come il volontariato talvolta faccia le veci dello Stato in termini operativi, una complementarità importante da sostenere sempre più. Un altro esempio è quello di Casal di Principe dove donne vittime di violenza, coadiuvate da un’Associazione – la Cooperativa Eva – danno vita ad una realtà sartoriale nella quale vengono realizzati splendidi abiti con sete di San Leucio donate dalla Maison Gucci. Ho dato loro la possibilità di fare un’esposizione e in quell’occasione hanno sfilato i loro bellissimi abiti. Vi è stata un’ottima risposta in termini di partecipazione da parte del pubblico e molti modelli sono stati acquistati. Sono esperienze che producono e coniugano realizzazione personale e coesione collettiva, stimolando l’innovazione e favorendo lo sviluppo socio-economico del territorio. Un ventaglio di iniziative da promuovere e sostenere con determinazione, poiché solo attraverso la visibilità e il riconoscimento di questi progetti esemplari, la loro forza potrà dispiegarsi appieno”.