di Salvatore Parente
Lo studio finanziato da IFEL Campania evidenzia effetti positivi sul PIL della Campania a seguito di shock da spesa pubblica efficaci anche per il resto delle regioni del Sud. Motivo in più per dotarsi di modelli simili in un periodo in cui la corretta Programmazione delle risorse può essere fondamentale
Orientare il futuro e programmare la rinascita. Un compito arduo nelle attuali condizioni generali ma che può diventare meno incerto grazie alla ricerca, agli studi e all’evoluzione di sistemi in grado di leggere, con un buon grado di precisione, l’impatto degli shock fiscali sul territorio. Parliamo dei modelli econometrici. Strumenti capaci di coadiuvare ed indirizzare le scelte di politica economica fiscale dei decisori, di prospettare scenari economici alternativi oltre che calcolare grandezze e fenomeni come il cosiddetto “effetto moltiplicatore”. Il Regional Forecasting, la previsione regionale è al centro del lavoro “Modelli Economici previsionali a supporto delle decisioni strategiche e di investimento negli enti locali” compiuto dal Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’Università degli Studi di Salerno finanziato da IFEL Campania – Istituto per la finanza e l’economia locale della Campania.
Lo studio stima le ricadute sul PIL delle regioni italiane derivanti dalla variazione di tre diversi aggregati della spesa pubblica: fondi strutturali UE, investimenti pubblici di fonte nazionale e consumi pubblici, mentre le variabili tenute in considerazione per la stima del modello econometrico (Random Effect Panel Vector Autoregressive Model) sono, nell’ordine, gli investimenti pubblici, i consumi pubblici, i fondi di rotazione (FDR), gli investimenti privati ed il PIL. Uno dei risultati più interessanti e più vicini a noi riguarda gli effetti positivi sul PIL delle regioni del Mezzogiorno, e di conseguenza anche della Campania, degli shock da spesa pubblica. Una evenienza, questa, che diventerà presto realtà preponderante grazie al PNRR e all’intervento dello Stato, mediante i fondi del Next Generation EU, nell’economia del Paese. Un motivo in più per dotarsi di simili modelli in un periodo in cui la corretta Programmazione delle risorse può essere esiziale. Per spiegarci meglio il lavoro portato avanti da UNISA, ma anche per capire il ruolo strategico dei modelli econometrici nel prossimo futuro abbiamo intervistato il Prof. Destefanis, responsabile scientifico dello studio.
Prof. Destefanis quanto, in questo momento storico, i modelli econometrici e predittivi della spesa e degli investimenti pubblici sono importanti. Anche in considerazione dell’arrivo dei fondi europei del Next Generation EU?
“È di sicuro – afferma il Prof. Destefanis – una occasione storica irripetibile, arriveranno risorse in appena dodici mesi che in genere arrivano da noi nel corso di 6, 7 anni di Programmazione. Da tempo le organizzazioni internazionali sostengono che in Italia ci dovremmo organizzare per un migliore monitoraggio, una migliore attività predittiva di quelli che possono essere gli effetti della spesa. Il fatto che adesso organizzazioni come IFEL Campania si stiano dotando di questo tipo di modellistica è assolutamente raccomandabile e noi, come Università di Salerno, siamo molto felici di esser coinvolti in questa attività. I modelli econometrici ci possono consentire di dare delle indicazioni, per esempio, su quello che può essere l’effetto in termini di PIL, di valore aggiunto, di occupazione, di una determinata spesa e consigliare che vada fatta su un settore piuttosto che su un altro: in Trasporti, nel Digitale o semplicemente in servizi come la Scuola o la Sanità. Fra le altre cose, negli ultimi anni e in questo momento di grande cambiamento culturale è molto aumentata l’attenzione sui modelli econometrici perché effettivamente le scelte che verranno fatte di qui a poco saranno delicate, epocali ed è dunque determinante che vengano prese alla luce di quella che è la conoscenza scientifica più approfondita ed aggiornata”.
Prendere decisioni mirate per aumentare l’effetto moltiplicatore nel contesto campano.
“L’effetto moltiplicatore è un concetto ormai noto da anni è, in sostanza, il rapporto fra un euro speso in qualsiasi settore dell’economia e i soldi che vengono fuori da questo investimento in termini di aumento della produzione. Se incentivo i Trasporti, ad esempio, questi redditi spesi nei trasporti vanno poi ad alimentare anche i consumi in altri settori e, dunque, c’è un effetto ‘a cascata’ che è appunto l’effetto moltiplicatore. Se il moltiplicatore è uguale a 3, vuol dire che di 1 euro investito all’inizio se ne genereranno 3 anche in altri settori, se è 2 vuol dire che dall’euro iniziale ne verranno fuori 2 e così via. Quello che, per tornare al nostro studio, abbiamo rilevato è che in Campania questo moltiplicatore è particolarmente elevato. Di conseguenza ci si può aspettare nei prossimi anni che se le risorse a disposizione (non solo quelle europee) verranno spese con la giusta oculatezza (oculatezza per la verità vista in anni recenti), si può pensare che abbiano un effetto propulsivo tutt’altro che indifferente sull’economia regionale”.
Perché in Campania questi schock hanno maggiore effetto che in altre regioni, è possibile spiegare questo fenomeno con l’ancora attuale gap con le altre realtà del Paese?
“Si pensa che questo effetto moltiplicatore sia più alto in Regioni dove il livello di attività è meno elevato proprio come in Campania. E questo avviene in quanto in contesti simili, per via dell’alto tasso di disoccupazione, sono presenti grandi quantitativi di risorse umane immediatamente disponibili. Con un forte schock sull’economia locale, queste forze possono essere impiegate molto velocemente permettendo un maggiore effetto moltiplicativo delle risorse impiegate. In regioni dove invece il tasso di occupazione è alto si farà fatica a trovare risorse umane da mettere a disposizione se non cercandole altrove. C’è da aggiungere, inoltre, che la Campania, per quello che riguarda i nostri risultati, è una regione abbastanza grande per cui quando ci sono delle risorse che vengono messe a disposizione dell’economia, una parte dei prodotti che possono essere acquistati con queste risorse – una parte non trascurabile di questi prodotti – può essere facilmente trovata all’interno dell’economia regionale. Non è il caso, per esempio, del Molise o della Valle d’Aosta che per comprare tutta una serie di merci devono comunque ricorrere ad economie regionali esterne. Questo fattore spiega il grande moltiplicatore, il potenziale inespresso del contesto campano. Sono fattori noti che noi abbiamo messo a disposizione di un modello regionale che può essere ampliato e potenziato per altri fini: per cercare di capire quale può essere l’effetto moltiplicatore di un investimento nei Trasporti rispetto all’effetto moltiplicatore di investimenti nel Digitale, in Sanità o in Istruzione o, ancora, in Energie Rinnovabili. Questo modello ci consente di offrire alla Regione Campania uno strumento di analisi articolato in linea con le conoscenze empiriche ed econometriche che abbiamo a disposizione per poter fare previsioni di quelli che sono gli impatti sull’occupazione, sul prodotto, sul valore aggiunto degli investimenti che potranno essere effettuati nei prossimi mesi”.
L’effetto moltiplicatore è decisivo in periodi di recessioni economiche, in questo delicato momento storico quanto potranno incidere gli investimenti pubblici sul tessuto economico-sociale della Campania in termini di moltiplicatore?
“È assolutamente cruciale che, approfittando della spinta propulsiva in termini di risorse che stanno per arrivare dall’Europa, si indirizzino con coscienza gli investimenti pubblici in regioni come la Campania in cui questi tipi di intervento sembrano particolarmente produttivi”.
Prof. Destefanis quanto questo tipo di strumento si sta evolvendo in questi ultimi mesi e quanto potrà aiutare in termini di Programmazione degli investimenti pubblici?
“Con i nostri studi ed in particolare con questo lavoro ci inseriamo in un contesto in cui s’era fatto poco da questo punto di vista, quindi ogni sforzo sin qui operato è stato molto utile per capire la realtà che ci circonda. Per i prossimi mesi ci muoveremo nell’ottica di offrire delle previsioni più puntuali, più accurate proprio in relazione ai fondi che arriveranno col Next Generation EU. Non saremo soli in questa impresa ma stiamo costruendo una vera e propria rete con un gruppo di ricercatori che operano in maniera simile a noi su dati regionali. Parliamo di ricercatori che sono concentrati attorno all’IRPET (Istituto Regionale Programmazione Economica Toscana), un istituto che da più di 30 anni fa ricerca su simili tematiche, ma anche di ricercatori che fanno capo alla regione Lazio in grado, da qualche anno, di mettere a punto un modello econometrico previsionale molto stimato. Agiremo insieme a questi staff di ricerca in maniera complementare affiancando i nostri modelli a quelli in loro possesso in modo da confrontare i rispettivi approcci nell’ottica di formare un network di collaborazione efficace. Con l’obiettivo, per certi versi molto stimolante, di rendere le nostre stime sempre più affidabili a disposizione della comunità scientifica e della politica economica regionale e nazionale. Pensi che in Regno Unito esiste una sorta di classifica nazionale in cui, in sostanza, si danno i voti ai modelli econometrici più affidabili e chi si ritrova nelle retrovie, valutato quindi come meno affidabile, provvede subito a migliorare le proprie stime. Ovviamente, per quanto ci riguarda, mettiamo in conto possibili errori nei nostri modelli ma siamo anche consapevoli di aver ‘costruito una macchina’ – conclude il Prof. Destefanis – capace di perfezionarsi, migliorare e tendere a stime più precise col passare del tempo grazie allo studio, alla ricerca ed alla costante alimentazione dei dati”.