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Creazione e sviluppo della conoscenza per lo sviluppo territoriale: il modello IFEL Campania

di Francesco Miggiani

La crescente complessità degli scenari in cui operano le organizzazioni pubbliche e private, la sempre maggiore articolazione del quadro normativo, l’innalzamento delle aspettative dei cittadini e la sofisticazione dei processi e delle tecnologie, stanno rendendo sempre più importanti le risorse “immateriali” presenti nelle organizzazioni: la risorsa “conoscenza”, in particolare, viene considerata un fattore preminente tra quelli che permettono di creare valore pubblico e promuovere un maggiore livello di attrattività sociale ed economica del territorio di riferimento.

Conoscenza e territorio

Dal punto di vista della conoscenza, il territorio rappresenta il luogo dove questa si accumula, si sedimenta, si riproduce e si rinnova, trasformandosi e moltiplicandosi grazie al continuo interscambio tra fattori storici e innovazioni attivato dai soggetti che lo popolano (imprese, cittadini, istituzioni, pubblica amministrazione, università, terzo settore ecc.), attraverso un processo di “ricombinazione” della conoscenza che porta al miglioramento e alla maggiore efficienza dell’intero sistema economico e sociale. In questo modo possono essere spiegati il successo e l’attrattività di determinati contesti (un esempio per tutti, la Silicon Valley negli Stati Uniti, ma anche i distretti industriali italiani, noti sia per la loro capacità di generare nuove conoscenze, sia di replicare e assimilare conoscenze anche prodotte all’esterno del territorio considerato).

Se ci poniamo nella prospettiva di generazione della conoscenza, il territorio non può essere inteso esclusivamente come un ambito spaziale fisico, all’interno dei quali si producono e si distribuiscono beni e servizi: va inteso invece come una serie di “nodi” dai quali si diramano le fitte reti di relazioni che legano i soggetti stessi, che interagiscono a loro volta con le diverse aree del mondo. Il concetto tradizionale di territorio statico e indefinito perde significatività per lasciare spazio, soprattutto attraverso all’innovazione digitale, ad un reticolo denso e articolato di flussi di comunicazione che avvolgono gli operatori privati e pubblici del sistema medesimo e lo connettono ad altri sistemi prossimi o remoti.

La rete sta, infatti, diventando la forma normale della produzione e del consumo di conoscenza, che ha bisogno di legami ma al tempo stesso richiede flessibilità, creatività, apertura da parte dei diversi soggetti. In questo ricco e articolato contesto i processi di apprendimento collettivo, radicati nel know-how locale ma, nello stesso tempo, alimentati dalla condivisione e dallo scambio di conoscenze tra i nodi della rete e tra questi e i soggetti esterni, rappresentano un importante fattore per la crescita economico-sociale.

Risulta subito evidente la funzione che può giocare la PA, sia come nodo critico che detiene conoscenze di fondamentale utilità sia come “orchestratore” e facilitatore del funzionamento complessivo della rete sul territorio; se pensiamo alle sfide e le complessità organizzative che gli enti territoriali del nostro Paese si troveranno a fronteggiare nei prossimi mesi per la realizzazione del PNRR, che concretamente potranno tradursi in piani territoriali complessi e di rigenerazione urbana a cura dei Comuni, come pure nella gestione dei progetti e strumenti complessi (pensiamo ad esempio agli OICR – Organismi di investimento collettivo del risparmio, che potrebbero essere molto utili per sostenere i Piani territoriali per la mobilità sostenibile), appare chiaro il salto di qualità necessario per cogliere le opportunità che abbiamo di fronte.

La creazione della conoscenza

La conoscenza (tacita o esplicita, secondo la distinzione introdotta da Michael Polanyi: sua la significativa affermazione: “noi sappiamo di più di quanto sappiamo”) si presenta, oltre che residente nella memoria e nella cultura delle persone, incorporata in strumenti elettronici oramai piuttosto diffusi (i sistemi di knowledge management, le piattaforme per la didattica a distanza, i MOOC ecc.), strumenti che danno il meglio di sé quando vengono integrati con i processi di apprendimento individuale e organizzativo.

Come ci spiegano due antropologi giapponesi, Nonaka e Takeuchi, la creazione di conoscenza è il risultato di quattro processi complementari: l’esternalizzazione, la socializzazione, la combinazione e la internalizzazione della conoscenza, che consentono, attraverso un movimento interattivo “a spirale”, di amplificare la conoscenza generata dagli individui e diffonderla nei vari livelli organizzativi (vedi figura).

Analizziamo in dettaglio i singoli momenti:

  • Socializzazione: nella maggior parte dei casi la conoscenza nelle organizzazioni nasce in forma tacita, attraverso processi di apprendimento individuali spesso generati da esperienze empiriche. Un individuo può acquisire conoscenza tacita dalla relazione diretta con altri individui, come nel caso degli “apprendisti” che lavorano con i maestri e apprendono le capacità artigianali prevalentemente attraverso l’osservazione, l’imitazione e la pratica. Nelle organizzazioni più strutturate la “formazione sul campo” si avvale dello stesso principio. La chiave per acquisire conoscenza tacita è quindi l’esperienza; anche il contatto frequente e il lavoro comune con operatori di altre imprese o entità consente spesso l’assimilazione di specifiche abilità.
  • L’Esternalizzazione è il processo di conversione da conoscenza tacita a conoscenza esplicita. È un processo, essenzialmente basato sulla comunicazione, nel quale la conoscenza tacita diventa esplicita grazie a strumenti di varia natura: incontri, convegni, momenti pubblici di disseminazione che alimentino il coinvolgimento diretto delle persone in un processo creativo e di condivisione. Tramite l’esternalizzazione si pongono le premesse per l’espressione della conoscenza in forma concettuale sistematica.
  • La Combinazione è il processo di sistematizzazione di concetti in un sistema di conoscenze: gli individui scambiano e combinano conoscenze attraverso mezzi svariati, quali documenti, incontri, conversazioni telefoniche e reti informatiche di comunicazione. La riconfigurazione delle informazioni esistenti attraverso l’incremento, la combinazione e la categorizzazione di conoscenze esplicite (resa possibile, ad esempio, dagli strumenti di knowledge management o dai MOOC cui prima si è accennato) può condurre a nuove forme di conoscenza. L’impiego creativo delle reti informatiche di comunicazione e dei database su larga scala facilita questa modalità di conversione della conoscenza; la conoscenza codificata inoltre può essere elaborata incorporandola in modelli, piani o rapporti per poterla rendere ancora maggiormente utilizzabile.
  • L’Internalizzazione è il processo che consente la traduzione delle conoscenze in nuove capacità. Si tratta di un concetto strettamente collegato a quello di apprendimento attraverso l’azione (il learning by doing, training on the job e coaching). Quando le esperienze maturate attraverso le modalità della socializzazione, dell’esternalizzazione e della combinazione vengono interiorizzate nelle basi di conoscenza tacita dell’individuo in forma di modelli mentali o di know-how tecnico, diventano veramente utili.

Attivare la spirale delle conoscenze: il modello IFEL Campania

Come abbiamo visto, la conoscenza umana, secondo Nonaka and Takeuchi, si crea secondo un movimento a spirale articolato in varie fasi in cui si realizza un’interazione tra conoscenza tacita ed esplicita. Avviare questo processo non è certo facile e immediato: richiede un lavoro tenace sul versante del cambiamento culturale e degli stili di management, ma anche la valorizzazione dei livelli intermedi di coordinamento, cruciali ai fini dello sviluppo della conoscenza perché punto di intersezione tra i flussi informativi verticali e orizzontali dell’organizzazione. A questo proposito è interessante osservare che le proposte di revisione dell’ordinamento professionale degli impiegati pubblici, le cui linee guida sono state recentemente divulgate nell’ambito di un più ampio disegno di riforma finalizzato a supportare il PNRR, vanno esattamente in questa direzione.

È anche necessario che persone, territorio e agenti economici coinvolti realizzino investimenti convergenti in comunicazione (linguaggi, codici, canali ecc.); logistica (sistemi di trasferimento delle persone e delle informazioni nello spazio e nel tempo); in sistemi di autoregolazione e di governance per creare le premesse di fiducia e di garanzia necessarie all’uso condiviso della conoscenza, come pure rimuovere le barriere fisiche, culturali, tecniche, temporali che ostacolano i processi di scambio e condivisione delle conoscenze. A questo fine si sono dimostrate di grande utilità soluzioni operative quali le comunità di pratica, gli strumenti di apprendimento a distanza, i ruoli e le funzioni dedicate alla circolazione della conoscenza (gli “intermediari della conoscenza”).

IFEL Campania, nelle attività che ha svolto e svolge in qualità di soggetto in-house della regione Campania, ha sempre posto al centro della propria azione il paradigma della valorizzazione e condivisione del patrimonio di conoscenza, integrando i relativi strumenti nella maggior parte dei progetti realizzati. La tabella che segue presenta le principali modalità di creazione e sviluppo della conoscenza che hanno trovato concreta applicazione nelle nostre attività di Assistenza Tecnica e di Capacity Building e di cui abbiamo verificato l’efficacia, che sempre di più intendiamo applicare secondo un modello innovativo, integrato e coerente per contribuire alla realizzazione delle politiche regionali.

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