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Fra carenza di medici e abuso di quelli a gettone, il PNRR Salute rischia di essere un’occasione mancata

di Nino Femiani

Senza il reclutamento di medici, infermieri e personale tecnico-amministrativo le case e gli ospedali di comunità – fulcro principale del PNRR Salute per il rafforzamento della medicina del territorio – potrebbero trasformarsi in costose cattedrali nel deserto

Tra pensionamenti non compensati dai nuovi arrivati, fughe all’estero e autolicenziamenti, negli ultimi dieci anni sono scomparsi dal Servizio sanitario nazionale (SSN) 33mila dipendenti. E senza assumere 40mila medici e infermieri il nuovo PNRR per la Sanità rimarrà sulla carta, trasformando in scatole vuote quegli ospedali e case di comunità che, secondo i piani del governo, dovrebbero rinforzare la grande assente della pandemia: la sanità territoriale. È quello che emerge dall’indagine che Simeu- Società italiana della medicina di emergenza-urgenza secondo cui l’SSN ha perso di vista il concetto di salute, mettendo a repentaglio la vita dei cittadini, attraverso il reclutamento in ospedale dei medici a gettone e senza esperienza. Quella della chiamata a gettone dei medici, appaltati tramite cooperativa, è una prassi che si è ormai radicata in quasi tutto il territorio italiano, ad esclusione per adesso di qualche piccola regione, come Basilicata, Alto Adige e Valle d’Aosta. In Piemonte ed in Toscana vi fa il ricorso il 50% degli ospedali, il 70 % in Veneto, il 60% in Liguria. In Friuli-Venezia Giulia, nelle Marche ed in Molise, ogni ospedale ricorre ai medici a gettone, in Calabria ne fanno addirittura arrivare trecento da Cuba.

Cosa ci sarebbe di sbagliato, vi state chiedendo, visto che la carenza dei medici è ormai un’emergenza? Nulla, se fossero reclutati con criteri di sicurezza ed economicità. I medici a gettone sono per lo più chiamati dalle cooperative (pochi sono i free lance) in appalto alle aziende ospedaliere, che, come unico criterio di selezione, hanno, in prevalenza, solo quello di iscrizione all’Ordine. L’Azienda ospedaliera arriva così a pagare alla cooperativa 1.100-1.200 euro per un turno notturno di un medico che in tasca ne metterà 700-800 per 12 ore di lavoro, senza esperienza e senza specializzazione. Esagerazioni? Solo pochi mesi fa la stessa Simeu indicava in 90 euro l’ora la tariffa massima per un camice bianco in affitto. Questi giorni in Veneto si è arrivati ad offrirne 120 ad anestesisti e rianimatori. È il doppio dei 60 euro lordi, 40 netti, percepiti da un dipendente contrattualizzato per un’ora di straordinario. E così le fila dei «gettonisti» si ingrossano.

In Campania fino alla pandemia si pensava che le cooperative dovessero scomparire dalla sanità. Invece, complice il Covid e le politiche sanitarie nazionali che hanno bloccato i turnover, mantenuto il numero chiuso nelle facoltà universitarie, le coop hanno preso in ostaggio gli ospedali. Non è l’unico fronte aperto. In tutta la regione allo stato attuale mancano poco più di 400 medici per raggiungere un livello di medicina territoriale quasi ottimale rispetto alla popolazione servita. Il problema delle carenze di medici è dunque destinato ad aggravarsi configurando un nodo già venuto al pettine nelle regioni del Nord dove le Asl stanno esternalizzando questi servizi di base a cooperative e privati.

A Napoli città i medici attualmente in servizio sono circa 550, rimaneggiati dai pensionamenti. Le carenze a metà di settembre sono 80. In provincia di Avellino sono 248 i medici di medicina generale, molto al di sotto, dunque, rispetto al rapporto ottimale indicato dalle linee guida ministeriali (un medico di medicina generale ogni 1.300 abitanti). In Irpinia dovrebbero esserci almeno 307 dottori di famiglia e alcuni comuni dell’Alta Irpinia sono scoperti. A Benevento: saranno 17 i medici di base che andranno via a fine 2022, in parte rimpiazzati con l’infornata di luglio e successivamente a ottobre.

Nel Salernitano i medici di famiglia sono in tutto 701, distribuiti tra i vari distretti sanitari. Fino al 2024 ne andranno via 217 a causa dei pensionamenti, 90 quelli che hanno scelto il prepensionamento, di cui 10 solo a Nocera Inferiore. Con 217 medici in meno, circa 260mila salernitani rischiano di rimanere senza dottore con un buco di 266 camici bianchi nel 2025. A Salerno è partito un progetto pilota della Regione Campania per una nuova modalità di selezione delle figure di tutor di medicina generale con l’Ordine dei medici e l’Asl. A Caserta i numeri sono simili a quelli di Napoli: mancano all’appello circa 70 dottori titolari di convenzione su una platea di 500 camici bianchi.

Se la situazione è questa, c’è da essere preoccupati sulla spesa di 8 miliardi prevista per la medicina del territorio con il PNRR. L’idea alla base del Missione 6 è una felice intuizione: compensare la tendenza alla riduzione di posti letto negli ospedali, dovuta ai tagli (meno 33mila tra il 2010 e il 2018 secondo le stime Istat), con un modello di medicina diffusa sul territorio con diversi presidi.

In questo modo il ricovero in ospedale avverrebbe solo nei casi particolarmente gravi o che richiedono cure specialistiche. Affinché questa operazione risulti efficace, tuttavia, è imprescindibile un incremento stabile di medici altrimenti le nuove strutture, realizzate con le risorse del PNRR (per case di comunità rivolte prevalentemente ai malati cronici e ospedali di comunità finalizzati ai pazienti a bassa intensità, prevista una spesa di 3 miliardi), rischiano di rimanere non solo delle scatole di cartapesta, ma addirittura vuote. Il decreto, inoltre, dispone l’erogazione di altri 2,6 miliardi a livello nazionale per l’ammodernamento tecnologico e digitale ospedaliero. Ciò dovrà avvenire attraverso la sostituzione di almeno 3.100 grandi apparecchiature sanitarie quali Tac, acceleratori, dispositivi per radiografie e altro ancora. Altri interventi, infine, saranno dedicati alla telemedicina (204,5 milioni).

La domanda cruciale è: dove stanno i medici e i tecnici specializzati che faranno funzionare queste grandi apparecchiature? In Campania sono previsti 250 milioni per le case di comunità, 110 per gli ospedali di comunità e 131 per le grandi apparecchiature. Dovranno nascere 272 nuove strutture. Siamo pronti? Per far funzionare questo sistema serviranno nuovi medici, infermieri, personale tecnico-amministrativo eccetera. Ne consegue quindi che senza un incremento strutturale della spesa pubblica nel settore sanitario queste strutture rischiano di rimanere delle mini-cattedrali nel deserto. A meno di non ricorrere ancora ai gettonisti.

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