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PA e piani di welfare: il processo di innovazione della Pubblica Amministrazione parte dalla valorizzazione del capitale umano

di Raffaele Capasso

AON e Lattanzio KIBS presentano il primo osservatorio sulla PA italiana, che mostra il punto di vista di cittadini e dipendenti pubblici sulle necessità di cambiamento e sulle aree di miglioramento della Pubblica Amministrazione, con particolare focus su temi come il welfare e la transizione digitale. L’indagine condotta, grazie alle esperienze diversificate delle due società (consulenza ed intermediazione assicurativa per AON, e consulenza strategica per la Pubblica Amministrazione per Lattanzio KIBS) ha messo a fuoco la volontà di innovazione e modernizzazione della PA attraverso la valorizzazione del capitale umano, sia in termini di competenze digitali che di accrescimento della salute e del benessere del lavoratore pubblico.

Nel mondo del lavoro si stanno diffondendo sempre di più i piani di welfare aziendali. Assistenza sanitaria, work-life balance, previdenza integrativa, sostegno alla genitorialità. Questi ed altri temi sono divenuti prioritari per i lavoratori, le cui esigenze di miglioramento della qualità del lavoro sono state manifestate con maggior intensità durante il periodo pandemico e hanno spinto i datori di lavoro a prendere in considerazione tali fabbisogni all’interno di ciò che viene considerato welfare integrativo.

I recenti avvenimenti che si sono susseguiti dallo scoppio della pandemia hanno profondamente influenzato le organizzazioni e le persone che ne fanno parte, facendo accrescere esponenzialmente fabbisogni nei lavoratori fino ad allora residuali e, conseguentemente, ponendo al centro dell’attenzione dei datori di lavoro temi come il welfare aziendale e il benessere organizzativo. Ma mentre nel settore privato le imprese si sono rapidamente adeguate ai nuovi stimoli e alle nuove esigenze provenienti dal mercato del lavoro, nel settore pubblico – a distanza di oltre 2 anni da quegli eventi che hanno accelerato l’interesse verso questo tema – si sta osservando una generale lentezza nell’implementazione di forme di welfare integrativo, dovuta principalmente a difficoltà oggettive che incontra la Pubblica Amministrazione nello stanziamento di risorse economiche a causa delle misure di contenimento della spesa pubblica.

Anche nel settore pubblico, così come in quello privato, i dipendenti avvertono con forza l’esigenza di una trasformazione dei modelli di lavoro verso forme contrattuali più flessibili e orientate ad una maggiore valorizzazione della persona, della sua salute psico-fisica e in grado di promuovere una migliore conciliazione tra vita privata e professionale.

La survey realizzata da AON e Lattanzio KIBS, che è stata rivolta a dipendenti pubblici e cittadini[1], ha preso avvio dal quesito “Cosa serve alla Pubblica Amministrazione per ricoprire un ruolo sempre più centrale nel Paese?”. Oltre il 60% degli intervistati ha riconosciuto un ruolo primario alla valorizzazione delle persone per la centralità della PA, così come il 54% degli stessi considera altrettanto importante una trasformazione tecnologica e organizzativa.

Fonte: 1° Osservatorio sulla PA: il punto di vista dei cittadini e dei dipendenti pubblici, AON e Lattanzio KIBS

Oltre agli investimenti sulla formazione e al potenziamento delle soft skills, i dipendenti della PA auspicano l’introduzione di piani di welfare che garantiscano, tra gli altri, un miglioramento del work-life balance (64%), un’assistenza sanitaria (55%) e una previdenza integrativa (48%). L’effetto che ne deriverebbe viene riconosciuto principalmente nell’aumento della produttività e della qualità del lavoro (45%) e nella riduzione delle disparità tra settore pubblico e privato (27%).

Gli ultimi due anni sono stati profondamenti segnati dalla pandemia, che ha determinato una spaccatura evidente nel mercato del lavoro, generando il fenomeno della Great Resignation, ossia l’aumento smisurato di dimissioni volontarie dei lavoratori, certamente riconducibile anche all’insoddisfazione creata dai luoghi di lavoro ritenuti sempre più ostili e alienanti soprattutto tra i più giovani. Il fenomeno sta interessando anche la PA, seppur con un impatto più modesto rispetto al settore privato. Anche qui, le principali motivazioni dell’abbandono sono legate alla ricerca di migliori condizioni di lavoro (retribuzione più alta, benefit economici, maggiore flessibilità) che una pubblica amministrazione, storicamente più rigida di una privata, riesce a fatica a garantire ai suoi dipendenti.

L’insoddisfazione diffusa, soprattutto tra i giovani, e lo scarso appeal della PA verso le nuove generazioni (senza trascurare il mancato ricambio generazionale provocato dai pensionamenti e pre-pensionamenti, legati all’elevata età media dei dipendenti pubblici) potrebbero determinare rischi di grande impatto per la PA, primo fra tutti l’incapacità di spendere in maniera efficace e nei tempi richiesti gli oltre 300 miliardi di euro di risorse tra PNRR e Fondi strutturali 2021-2027. L’ambizioso obiettivo, dichiarato dall’ex Ministro Brunetta, di arrivare a 4 milioni di dipendenti pubblici con un’età media di 44 anni entro il 2028 potrebbe diventare difficile da raggiungere. Se a questo si aggiunge lo scarso successo che hanno avuto gli ultimi concorsi indetti dalla PA (come il caso INAIL, dove meno della metà dei posti messi a concorso si sono trasformati in assunzioni) le prospettive sono terribili.

L’introduzione di Piani di Welfare nel settore pubblico sarà di importanza cruciale per la modernizzazione della macchina pubblica e per renderla sempre più efficiente nell’erogazione dei servizi al cittadino. La centralità della PA si costruisce sulla centralità delle persone che ne fanno parte.

LEGGI LO STUDIO COMPLETO

[1] Su un campione di 1.155 persone rappresentativo dei cittadini residenti nelle maggiori città italiane.

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