Editoriale La parità di genere e l’UE: anzitutto la programmazione

La parità di genere e l’UE: anzitutto la programmazione

di Annapaola Voto

L’Accordo di Partenariato (AdP) italiano 2021-27 e i programmi operativi – sia FESR che FSE+ – richiamano questi principi e li rendono nelle forme più opportune, finalizzandoli a una concreta attuazione. In particolare, l’AdP – che rappresenta il principale documento nazionale di indirizzo in tema di politiche europee e di investimenti – rende esplicito il fatto che gli interventi dei fondi dovranno contribuire “alla realizzazione del Piano d’azione sul Social Pillar europeo nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea […] in tale inquadramento, sarà garantita, in particolare con gli interventi del FSE+, la promozione della parità di genere, delle pari opportunità e della non discriminazione”. Quindi è innanzitutto il Fondo sociale a rappresentare la fonte primaria di finanziamento per interventi che assicurino il superamento del gap di genere: parliamo di misure e interventi di natura per lo più non infrastrutturale e che vanno nella direzione di contribuire al rafforzamento delle competenze e più in generale, di favorire il riequilibrio di genere nella pluralità di ambiti di cui si è detto nello scorso numero (occupazione, retribuzione, sistema pensionistico ed equilibrio lavoro-vita privata tra uomini e donne, protezione e inclusione sociale, ecc.).

L’Obiettivo specifico FSE+ 4.3 (Promuovere una partecipazione equilibrata di donne e uomini al mercato del lavoro, parità di condizioni di lavoro e un migliore equilibrio tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l’accesso a servizi abbordabili di assistenza all’infanzia e alle persone non autosufficienti) del PR Campania FSE+, vale circa 40mln di euro ed è dedicato a sostenere interventi volti ad eliminare i principali fattori che impediscono la parità di genere, le pari opportunità e creano discriminazioni, nonché politiche di conciliazione e interventi di contrasto alla segregazione di genere a sostegno dell’occupazione.

Tra questi, per favorire l’incremento dell’occupazione femminile, si prevedono interventi volti a ridurre le barriere di accesso al lavoro e alla permanenza nel mercato del lavoro da parte delle donne, agendo anche nel rafforzamento dei servizi di cura e delle politiche di work-life-balance (ad esempio l’accesso a servizi di assistenza a lungo termine, di cura ed educazione della prima infanzia, di qualità e a prezzi accessibili), nel sostegno alle nuove forme organizzative, agevolate dalla diffusione delle tecnologie digitali. Azioni a favore delle donne per la specializzazione e la formazione nelle materie STEM, al fine di combattere e ridurre i gap di genere che spesso sono provocati dalla minore presenza di donne in attività tecnico scientifiche ed in ambiti legati alla ricerca e all’innovazione, anche in funzione del riequilibrio dei ruoli favorendo l’accesso a quelli più prestigiosi e remunerativi.

Nel dettaglio il PR Campania FSE+ prevede di investire in:

misure di conciliazione: promozione del “welfare aziendale” (nidi aziendali/interaziendali, benefits come prestazioni integrative tipo permessi retribuiti aggiuntivi per la cura dei figli delle persone a carico per l’accesso a visite specialistiche, ecc.), nuove forme di organizzazione del lavoro family friendly (es. flessibilità dell’orario di lavoro, coworking, telelavoro, ecc.), studi ad hoc su aziende pilota per il dimensionamento del gender pay gap e per l’adozione di buone pratiche;

misure di incentivazione e di conciliazione per favorire l’ingresso delle donne prive di occupazione e la loro permanenza nel mercato del lavoro: voucher che consentano l’acquisizione di servizi sostitutivi di cura per l’infanzia o per le persone a carico sia per favorire la partecipazione a politiche attive, che per sostenere l’ingresso nel mercato del lavoro, ecc.;

misure di sostegno alla partecipazione a percorsi di studio e formazione nell’ambito delle discipline scientifico-tecnologiche (STEM), che possano agevolare il futuro inserimento occupazionale, in linea con le nuove esigenze del mercato del lavoro (transizione digitale e green) nonché per superare gli stereotipi di genere nella scelta di percorsi formativi e di carriera.

Tuttavia, la strategia complessiva dell’AdP implica la necessaria complementarità tra fondi, che assicuri anche il necessario sostegno in termini di dotazioni infrastrutturali. Nel corso della programmazione 2014-2020, è bene ricordarlo, le questioni di genere sono state affrontate principalmente attraverso il Fondo sociale europeo (FSE); mentre il contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) è risultato assai limitato. La nuova programmazione – per come è stata costruita a livello europeo – è stata pensata, tra l’altro, identificando un Obiettivo di Policy condiviso – il 4, quello di attuazione del pilastro sociale dei diritti – tra FSE+ e FESR, con quest’ultimo quasi con un ruolo ancillare e di servizio rispetto al primo. Nella sostanza, il contributo del FESR sarà quello di contribuire alla migliore attuazione delle misure finanziate con FSE+. Misure, tra le quali, sono ricomprese anche quelle prima accennate ed esplicitamente finalizzate alla riduzione dei gap di genere.

Per quello che riguarda il PR Campania FESR, quindi, si possono individuare azioni che vanno direttamente a contribuire al superamento dei gap di genere ed altre che, invece, produrranno effetti positivi indiretti grazie a una serie di caratterizzazioni che dovranno essere previste nel momento in cui si definiranno gli atti di selezione degli investimenti da realizzare. Sotto il primo aspetto, il FESR – tra le altre misure – prevede investimenti per la realizzazione di asili nido (circa 24mln di euro). Vi cito questo – tra gli altri – per raccontarvi di come a volte anche la Commissione Europea, a dispetto delle dichiarazioni, nel momento in cui si passa alle scelte concrete, incorre in errori e contraddizioni. In fase di stesura del programma, gli interventi per i nidi erano stati – correttamente – inseriti a valere sull’azione di rafforzamento del mercato del lavoro che presenta, tra le finalità – quella del contributo alla conciliazione vita professionale-vita privata. A questa proposta i servizi della Ce si sono opposti, pretendendo che gli stessi interventi venissero messi a valere su una azione che, invece, aveva come obiettivo quello proprio della formazione.

Questa scelta implica la necessità di compiere scelte differenti, ad esempio, in tema di “criteri di selezione” degli interventi, così come in tema di “indicatori”. Nel primo caso, si tratta di indicare nei meccanismi di selezione degli interventi (bandi, avvisi, ecc.) i criteri che possano far prediligere la scelta di un progetto candidato, piuttosto che un altro: evidente che se la dimensione entro cui si inserisce l’investimento è quella della conciliazione, i criteri di selezione (e di premialità) saranno selezionati a partire dall’obiettivo prioritario dell’intervento stesso, ossia la capacità di incidere positivamente sulla conciliazione, oppure la capacità di soddisfare la richiesta di nidi dei territori. Una scelta non neutra, che si ripercuote anche sugli indicatori – ossia su quei parametri misurabili che definiscono il successo di un intervento – e che potranno essere ricollegati, in un caso, ad esempio, al contributo al rapporto positivo tra donne e mercato del lavoro, mentre nell’altro, sempre a titolo esemplificativo, al numero aggiuntivo di bambini che possono frequentare la scuola dell’infanzia. Per quanto possano sembrare differenze da poco, in realtà incidono enormemente sulle scelte che si faranno. Questo per dire che spesso, sarebbe importante avere e prestare una attenzione supplementare alle scelte che si compiono se concretamente si vuole dare un contributo al conseguimento di obiettivi di natura trasversale e generale.

Accanto a questo, il PR Campania FESR intende contribuire in maniera più articolata alla parità di genere e alla lotta alle discriminazioni, dando pienamente attuazione a quanto scritto in sede di redazione del programma. Sotto questo aspetto sono importanti le indicazioni contenute nel documento sui criteri di selezione delle operazioni. Tale documento – concordato con la Commissione Europea e approvato dal Comitato di Sorveglianza, ossia il tavolo attorno a cui siedono tutti gli attori, istituzionali e non (quindi anche le rappresentanze socio-economiche e del terzo settore) a vario titolo coinvolti nell’attuazione del FESR – rappresenta il quadro entro cui dovranno essere definiti i meccanismi di individuazione e selezione delle operazioni e degli interventi. Il documento, a livello generale, pone alla base di qualsiasi intervento da finanziare l’obbligo di applicare “criteri e procedure non discriminatori e trasparenti, garantisce l’accessibilità per le persone con disabilità, garantisce la parità di genere e tiene conto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”. A livello di attuazione, il rispetto del principio della parità di genere – che potrà essere verificata in sede di Comitato di Sorveglianza, che include tra i membri la Consigliera Regionale di Parità – verrà garantito attraverso l’utilizzo di “criteri che favoriscano i progetti che assicurino la parità tra uomini e donne e tramite il divieto di comportamenti discriminatori in ogni avviso”. Ad esempio – a proposito di un settore di investimento che, come detto, presenta grosse potenzialità ma anche grosse mancanze, quale quello delle PMI – tutte le iniziative che saranno finanziate con fondi FESR dovranno prevedere un criterio di premialità a vantaggio della “Capacità dell’intervento di promuovere azioni a tutela dell’uguaglianza, dell’inclusione, della non discriminazione e della parità di genere”. Inoltre, saranno avvantaggiate quelle imprese che si caratterizzino per la “Rilevanza della componente femminile e/o giovanile in termini di partecipazione alle attività”.

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