di Lucia Serino
Dalla protesta dei trattori alle politiche europee, alla complessità del mondo rurale campano: parla l’assessore regionale Nicola Caputo.
Strade bloccate dai trattori, i palazzi del potere sotto assedio. La protesta degli agricoltori infiamma l’Europa, arriva a Bruxelles, bussa e chiede ascolto su questioni cruciali, le produzioni, i prezzi, i passaggi di filiera, il rapporto con la grande distribuzione ma, soprattutto, i rischi di un’attività che è dentro, con effetti devastanti, nella grande questione del nostro tempo, i cambiamenti climatici. Non sono questioni di settore, ci riguardano. E molto da vicino.
«Sì, è proprio questa la prospettiva giusta da cui iniziare qualunque ragionamento. Non sono soltanto problemi di una categoria. Quelle dell’agricoltura sono questioni che ci riguardano e vanno ben oltre la condivisione emotiva di una battaglia che sentiamo nostra, perché riguarda la vita di tutti i giorni e quello che portiamo sulla nostra tavola. L’agricoltura del futuro, un futuro che però è già oggi, è il terreno di sfida principale della transizione ecologica, ma anche il settore che ne soffre di più proprio per gli effetti dei cambiamenti climatici. Se vogliamo un pianeta più sostenibile dobbiamo immaginarlo anche più equo per gli agricoltori. Per questo la battaglia dei trattori ci riguarda da vicino, oltre le giuste questioni della protesta. Di sicuro bisogna dire basta a misure tampone, cambiare approccio e garantire il reddito degli agricoltori».
Nicola Caputo, Assessore all’Agricoltura della Regione Campania, è appena rientrato da Bruxelles. Classe 1966, laurea in economia conseguita presso la Federico II, con specializzazione in Diritto commerciale, già Deputato al Parlamento europeo dal 2014 al 2019 e Consigliere regionale per due mandati dal 2005 al 2014. Lo incontriamo nel suo ufficio al Centro direzionale quando mancano pochi mesi dal rinnovo del Parlamento europeo.
«Era doveroso stare accanto ai produttori, soprattutto a quelli campani e del resto del Sud».
Torna con una vittoria in tasca.
«Se si riferisce al risk management, sì, non posso che essere soddisfatto dell’approvazione all’unanimità da parte della Plenaria del Comitato europeo delle Regioni del mio Parere sulla gestione dei rischi in agricoltura, che traccia anche la nuova “road map” della Pac, la politica agricola comune europea. C’è molto lavoro dietro e un ascolto costante delle problematiche di tutti gli operatori, i produttori e gli stakeholder».
Lei ripete spesso che la Pac va cambiata.
«L’Europa va cambiata, occorre portare più Sud in Europa. Occorre un’Europa forte, federale, con un esercito comune, una politica estera comune, un bilancio unico, una nuova e più efficace Politica agricola comune, una politica che presti maggiore attenzione per i più deboli, una nuova infrastruttura istituzionale che riconosca al Parlamento europeo un ruolo centrale con poteri di iniziativa legislativa e l’abolizione del diritto di veto in Consiglio».
Assessore, quando una protesta assume caratteri così estesi significa che i problemi sono comuni e anche le soluzioni devono essere comuni.
«L’agricoltura europea in queste settimane si è imposta nell’agenda politica, ora però bisogna agire e non perdere questa occasione. Basta con misure tampone. È arrivato il momento di provare ad assicurare maggiore flessibilità alla Pac per adattarla alle esigenze dei diversi territori. Bisogna iniziare a ragionare sulla prossima Pac con una visione nuova e lontana dalle logiche del passato».
Perché è scoppiata proprio adesso la protesta degli agricoltori?
«Perché è cambiato il mondo. Perché prima la pandemia da Covid-19 e poi gli effetti della crisi geopolitica e ambientale premono e attanagliano gli agricoltori. Vanno cambiate le politiche agricole europee concepite per un tempo che ormai non c’è più. Va cambiata la modalità di assegnazione dei fondi, va fatta una riflessione seria sui danni provocati dai cambiamenti climatici e, dunque, sulla gestione dei rischi. Ma anche sulla volatilità dei mercati e sui conflitti globali che incidono sui costi di produzione. Va disegnata una vera road map che nel medio tempo tracci la nuova Pac, che tenga conto dei nuovi scenari, ma nel breve tempo occorrono risposte puntuali e maggiore flessibilità».
Un risarcimento per i danni degli effetti climatici?
«Ma non basta e non è questa la prospettiva giusta. Innanzitutto bisogna avere chiaro il concetto di cosa sia oggi la gestione dei rischi in agricoltura, cercando di evitare trappole ideologiche e anacronistiche basate su modelli che non esistono più. Gestione dei rischi non è solo la sottoscrizione di una polizza assicurativa. Significa protezione rispetto all’aumento dei costi di produzione, al calo dei prezzi di mercato, alle malattie di piante e animali. Dobbiamo offrire a tutti gli agricoltori la possibilità di accedere al capitale. Chiediamo, dunque, l’implementazione di tutti gli strumenti mutualistici e di ingegneria finanziaria, unitamente allo sviluppo di prodotti assicurativi innovativi. La gestione dei rischi in agricoltura deve rappresentare uno dei tre pilastri fondamentali della nuova Pac, in grado di comprendere anche tutti gli strumenti per la gestione delle crisi di mercato, delle crisi finanziarie e di accesso al credito. Viviamo in un mondo nuovo, anche solo rispetto a dieci anni fa. Le risorse non sono sufficienti, al netto di un sistema da rifondare perché fallito a livello tecnico-finanziario e politico, e soprattutto perché non riesce più a dare risposte al settore. La stabilizzazione del reddito è il vero punto cruciale da cui far partire tutte le altre politiche, come dimostrano le proteste degli agricoltori in tutta Europa».
Di AgriRisk ha parlato anche a Napoli con il ministro Lollobrigida in collegamento.
«Sì, in quella occasione abbiamo posto le basi di un nuovo approccio europeo della gestione dei rischi e del sistema misto Regioni-Stato che superi il fallimento della misura nazionale, con la condivisione del principale attore del mercato assicurativo agricolo. Una revisione fondamentale per diminuire il divario intollerabile, dal punto di vista geografico e culturale, di accesso alle polizze agevolate, prevedendo un ruolo attivo e autorizzativo da parte delle Regioni. In un momento così complicato a causa della frequenza delle catastrofi naturali, è impensabile pensare ad un fondo catastrofale che funga solo da contenitore. È necessario ideare un fondo che cartolarizzi i rischi catastrofali per garantire leva finanziaria alle risorse disponibili, emettendo CAT bond».
La Campania, Assessore, facciamo il punto sul ruolo dei Consorzi di Bonifica.
«Stiamo lavorando alacremente con funzionari e dirigenti della struttura per affrontare i dossier più urgenti e rafforzare le nostre filiere di eccellenza. Ma soprattutto quotidianamente incontro tanti operatori del settore e amministratori locali, dedicando come sempre molto tempo alla delicata fase di ascolto. Il problema dell’agricoltura si affronta avendo chiara la visione del sistema produttivo nella sua interezza e avendo un dialogo costruttivo con le amministrazioni, le associazioni e i produttori. I Consorzi di Bonifica della Campania svolgono funzione essenziale per assicurare irrigazione e difesa del suolo. Recentemente, consapevoli del ruolo che possono avere, abbiamo avviato anche un percorso per coinvolgerli nell’AKIS, il sistema della conoscenza regionale. Li ho incontrati qualche settimana fa e abbiamo discusso delle possibilità che i Consorzi partecipino, in qualità di beneficiari, quali componenti di partenariati del pei-agri e in qualità di destinatari delle azioni di consulenza formazione sviluppo delle innovazioni, non solo in quanto gestori della risorsa idrica, ma anche quali gestori del territorio e per le azioni di adattamento e cambiamento climatico».
C’è anche un lavoro di valorizzazione dei prodotti campani, come nel caso della Mela Annurca.
«Le due cose vanno di pari passo. Per promuovere le nostre eccellenze c’è bisogno di tutelarne le produzioni. Tengo molto alla costituzione del Tavolo della Filiera Mela Annurca Campana IGP, a cui hanno partecipato sia produttori che organizzazioni dei produttori. Abbiamo ragionato sulle azioni da mettere in campo per individuare una strategia regionale di filiera per la valorizzazione del prodotto, con un rafforzamento del brand e delle misure di contrasto alle pratiche sleali, e predisponendo, in sinergia con il Consorzio di Tutela, un piano per la promozione nella GDO. L’obiettivo è quello di spingere tutte le aziende verso la Igp, un prodotto conosciuto in tutta Italia per le sue eccezionali caratteristiche, una delle migliori eccellenze agroalimentari della Campania dalle importanti proprietà nutraceutiche».
Tra i dossier sul tavolo, la questione brucellosi, la caccia, i percorsi enoturistici e oleoturistici.
«Ci stiamo avviando verso l’istituzione di uno specifico regime di aiuto mirato a compensare gli allevatori bufalini, destinatari di un ordine di abbattimento dei capi emanato in forza del programma di eradicazione della brucellosi, per il mancato reddito subito. Tale compensazione si aggiungerebbe al valore di mercato degli animali abbattuti. Ma siamo concentrati su tutti i comparti. La caccia, ad esempio. Abbiamo definito la bozza del testo con prospettive e limiti del prelievo per il prossimo anno. Ho cosi mantenuto l’impegno di varare il Calendario Venatorio entro il mese di febbraio. Faremo ancora qualche riflessione tecnica per poi convocare il Comitato faunistico venatorio regionale. Abbiamo avviato la concertazione con tutti gli stakeholder e siamo tra le prime Regioni ad aver elaborato una bozza di calendario, e per questo ringrazio gli uffici e l’Osservatorio per il grande lavoro svolto. Lavoriamo a stretto contatto con gli altri assessorati per i percorsi enoturistici e oleoturistici in Campania, che consentiranno di tutelare e valorizzare maggiormente le imprese della nostra regione. Con l’assessore regionale al Turismo, Felice Casucci, e i rappresentanti delle Strade del Vino, dell’olio e dei sapori, abbiamo condiviso la bozza sulle linee guida e ci siamo confrontati su eventuali modifiche da apportare. Il mondo rurale campano è complesso e ricco di prodotti di eccellenza da tutelare e promuovere. Pensi alla carne Marchigiana Igp, una delle carni più pregiate della Campania e prodotto d’eccezione della zootecnia regionale. Oppure al settore vitivinicolo e olivicolo che non sono privi di criticità. Ci stiamo occupando di come arginare la diffusione della peronospora che ha causato gravi danni alle viti, compromettendo seriamente l’annata viticola, e delle iniziative per accompagnare le imprese agricole in questa fase così complessa».
Insomma, il suo assessorato sconfina in quello della salute…
«E non è una battuta. Con il presidente De Luca stiamo individuando un percorso per la certificazione delle produzioni agroalimentari nutraceutiche. Stiamo portando avanti una strategia per la valorizzazione dei prodotti agroalimentari campani quale fonte di salute. I nostri prodotti agroalimentari con elevate proprietà rappresentano un asset in più per le nostre imprese, anche sul piano commerciale. Promozione della salute, competitività sul mercato e valorizzazione delle nostre produzioni di eccellenza vanno di pari passo».