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L’ordinamento giuridico della Repubblica italiana tra fonti europee e nazionali

di Annapaola Voto

L’ordinamento giuridico del nostro Paese è sempre più immerso in una dimensione che travalica i confini nazionali e rende il quadro delle fonti normative decisamente ricco e variegato. Senza dubbio, continua a rimaner ferma una piramide gerarchica delle fonti giuridiche nazionali alla cui conoscenza non solo i giuristi, ma i cittadini tutti sono tenuti, necessariamente, ad accedere per una conduzione cosciente e responsabile delle quotidiane attività.

La Repubblica italiana, essendo parte dell’Unione europea, certamente non si sottrae alla dottrina del primato del diritto europeo che mira a garantire l’unità e la coerenza del diritto dell’Unione. Come noto, le fonti del diritto europeo si dividono in diritto primario e derivato.

  • Il diritto primario è costituito dai trattati e dai relativi protocolli. Essi rappresentano la base dell’ordinamento giuridico, stabiliscono i principi fondamentali, gli obiettivi, le istituzioni e le competenze dell’UE. I principali sono il Trattato sull’Unione Europea (TUE) e il Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Altre fonti del diritto primario sono la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e il Trattato che stabilisce la Comunità europea dell’energia atomica (Euratom), ancora in vigore come trattato a sé stante; nonché gli accordi internazionali e i principi generali del diritto dell’Unione.
  • Il diritto derivato si sostanzia in: regolamenti, che hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili. Essi devono essere pienamente rispettati dai destinatari (privati, Stati membri, istituzioni dell’Unione) e sono direttamente applicabili fin dalla data di loro approvazione, senza necessità di recepimento nel diritto nazionale; direttive, che obbligano gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da conseguire, fatte salve le competenze nazionali in merito alla forma e ai mezzi per conseguirli. Il legislatore nazionale, pur disponendo di un certo margine di manovra, deve, in ogni caso, adottare, entro un termine stabilito, un atto di recepimento che adatta la legislazione nazionale al rispetto degli obiettivi definiti nella direttiva; decisioni, le quali sono obbligatorie e trattano situazioni specifiche relative a Stati membri o a privati; raccomandazioni e pareri, che non creano alcun diritto o obbligo, ma possono fornire indicazioni sull’interpretazione e il contenuto del diritto dell’Unione. Altre fonti europee sono costituite dai principi generali del diritto e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Volgendo lo sguardo entro i confini nazionali, la nostra Carta costituzionale è decisamente all’apice della gerarchia, vincola e orienta tutti i poteri statali, ivi incluso il potere legislativo; secondo l’art. 138 Cost. anche le leggi costituzionali e di revisione costituzionale, in virtù della capacità di emendare o modificare la Costituzione, vanno annoverate tra le fonti di rango costituzionale.

Al livello successivo, ovvero tra le cosiddette “fonti primarie”, si collocano le leggi approvate dal Parlamento nazionale e dai vari Consigli regionali che esplicano la loro funzione normativa secondo le competenze e nei limiti individuati dall’art. 117 Cost.; nelle fonti primarie, si inseriscono anche gli atti aventi forza di legge adottati dal Governo nazionale (il decreto legislativo o delegato, adottato su delega parlamentare e il decreto legge, previsto nei casi di straordinaria necessità e urgenza), oltre all’esito del referendum abrogativo di cui all’art. 75 Cost. L’orientamento prevalente della dottrina considera fonti primarie anche i regolamenti parlamentari (art. 64 Cost.) ed i regolamenti di autonomia degli organi costituzionali. Peculiare parrebbe essere la collocazione gerarchica degli Statuti regionali ordinari e speciali che, in armonia con la Costituzione, disciplinano l’ordinamento delle regioni e prevedono procedimenti di revisione “rinforzati” o “aggravati”.

In subordine, troviamo le fonti secondarie, tra cui annoveriamo i regolamenti amministrativi e governativi (ministeriali e interministeriali), i regolamenti regionali e degli enti locali, i regolamenti di attuazione delle norme europee. Anche la consuetudine può costituire una fonte del diritto, purché non sia contraria alla legge.

La Corte costituzionale e il potere giudiziario tout court sono deputati a vagliare l’osservanza del criterio gerarchico vigente tra le fonti del diritto nazionale.

 

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