Pubblica amministrazione Performance e trasparenza: cos'è il "valore pubblico"

Performance e trasparenza: cos’è il “valore pubblico”

di Francesco Miggiani

Le Pubbliche Amministrazioni europee sono state protagoniste, a partire dagli anni Ottanta, di cambiamenti di ampio respiro orientati in tre direzioni principali:

  • eliminazione di inutili regole, procedure obsolete e processi inefficaci, con l’obiettivo di promuovere una maggiore “amichevolezza” nei rapporti con i cittadini, maggiore trasparenza, tempestività di azione, ma anche razionalizzazione dei costi;
  • migliorare i servizi offerti, l’organizzazione interna, le tecnologie, la motivazione dei collaboratori per raggiungere più elevati livelli nel binomio “efficienza-efficacia”;
  • costruire una nuova identità positiva del “Civil Service”, con un forte focus sull’etica, sulla terzietà e sul senso di “accountability” personale.

Anche il nostro Paese si è inserito a pieno titolo in questo grande movimento evolutivo; i risultati complessivi raggiunti sono da valutarsi sicuramente in modo positivo, anche se permangono ancora alcuni “nodi” e contraddizioni, con origini spesso lontane nel tempo, su cui è necessario insistere ancora.

Negli anni recenti, una tappa sicuramente significativa è rappresentata dalla Legge 124/2015 (cd. Legge Madia di Riforma della PA), le cui previsioni coprono gran parte dei punti sopra elencati e sono state seguite, in periodi successivi, da ulteriori disposizioni (ad esempio in materia di Performance con il d.lgs. 74/2017, come vedremo successivamente).

Un convincimento diffuso è che in questi ultimi anni si sia “abbattuta” sulla nostra PA una vera e propria pioggia di nuovi adempimenti non sempre completamente coerenti, e che importanti cambiamenti si siano dovuti realizzare non solo a costo zero, ma spesso in una situazione di decremento di risorse disponibili; c’è del vero, almeno in misura parziale, in questa affermazione. Il nuovo quadro normativo che si sta progressivamente delineando presenta però, a nostro avviso, interessanti opportunità in termini sia di cambiamento nei rapporti con cittadini e imprese, ma anche di logiche di funzionamento interno delle amministrazioni (aspetti necessariamente correlati in maniera stretta).

Ancora più interessante, sempre a nostro avviso, un ulteriore fatto: alcuni di questi corpi normativi, e ci riferiamo principalmente al Ciclo della Performance, alla normativa in materia di Prevenzione della corruzione, agli obblighi di Trasparenza, possono essere considerati come diretti al perseguimento un’unica finalità: la creazione di “valore pubblico”, considerato come traguardo finale dell’azione amministrativa. I tre ambiti normativi presentano inoltre una serie di “connessioni” reciproche che li possono rendere sinergici e atti a potenziare il risultato complessivo che l’amministrazione intende perseguire.

La sfida è di creare, grazie ad essi, un circolo virtuoso gestionale che si autoalimenti.

Questo è possibile ad alcune non facili condizioni: superare la cultura dell’adempimento, utilizzare questi strumenti cogliendone tutte le opportunità di sinergia, sfruttarne interamente le potenzialità di comunicazione e “reputation building”.

È opportuno precisare infine che in questa sede ci limitiamo a esaminare i tre set normativi indicati, cosa che però non esaurisce la materia: in futuro ci ripromettiamo di estendere l’analisi anche a ulteriori strumenti che presentano caratteristiche e potenzialità analoghe.

Il “Valore pubblico”

Il Valore Pubblico è un paradigma caratterizzato da indubbia potenzialità evocativa, entrato recentemente con forza nel dibattito sulla riforma della PA; può essere definito come l’incremento del benessere reale (economico, sociale, ambientale, culturale etc.) che si viene a creare presso collettività e che deriva dall’azione dei diversi soggetti pubblici, che perseguono questo traguardo mobilitando al meglio le proprie risorse tangibili (finanziarie, tecnologiche etc.) e intangibili (capacità organizzativa, rete di relazioni interne ed esterne, capacità di lettura del territorio e di produzione di risposte adeguate, sostenibilità ambientale delle scelte, capacità di riduzione dei rischi reputazionali dovuti a insufficiente trasparenza o a fenomeni corruttivi).

È interessante sottolineare la bidimensionalità presente nella definizione: il Valore Pubblico non fa solo riferimento al miglioramento degli impatti esterni prodotti dalle Pubbliche Amministrazioni e diretti ai cittadini, utenti e stakeholder, ma anche alle condizioni interne all’Amministrazione presso cui il miglioramento viene prodotto (lo stato delle risorse). Non presidia quindi solamente il “benessere addizionale” che viene prodotto (il “cosa”, logica di breve periodo) ma anche il “come”, allargando la sfera di attenzione anche alla prospettiva di medio-lungo periodo.

In tempi di risorse economiche scarse e di esigenze sociali crescenti, una PA crea Valore Pubblico quando riesce a utilizzare le risorse a disposizione in modo funzionale al soddisfacimento delle esigenze del contesto sociale (utenti, cittadini, stakeholders in generale). Le esperienze di questi ultimi decenni (in cui si è passati da comportamenti totalmente orientati al consenso sociale a comportamenti caratterizzati da un’economicità spinta, i tagli lineari alla spesa pubblica) danno evidenza al fatto che la generazione di Valore Pubblico si realizzi grazie a un mix equilibrato di economicità e socialità, in cui si ponga una forte attenzione al fattore ambientale e alle modalità con la PA riesce a gestire le proprie risorse.

Un eminente studioso del tema, il prof. Deidda Gagliardo, in un suo recente scritto ha giustamente messo in evidenza che “il concetto di Valore Pubblico dovrebbe guidare quello della performance dell’Ente, divenendone la stella polare sia in fase di programmazione che di misurazione e di valutazione e ponendosi, quindi, come una sorta di “meta-indicatore” o “performance delle performance”. Il Valore Pubblico, infine, non s’inventa ma si progetta: non può essere il frutto di una contingenza fortunata o casuale, ma il risultato di un processo razionalmente e pragmaticamente progettato, governato e controllato. Questo significa adottare una serie di strumenti specifici, coerenti con questa finalità, a partire dal cambiamento degli assetti interni per giungere agli strumenti di interazione strutturata con le entità esterne all’Amministrazione.

Valore Pubblico, funzionamento organizzativo e processi

Sicuramente le logiche del passato (la PA come organizzazione a canne d’organo e a silos, caratterizzata da forme organizzative “frammentate”, spesso autoreferenziali e impenetrabili…) non appaiono più funzionali alla generazione di Valore Pubblico. Come è noto, sia la letteratura manageriale sia l’evoluzione del quadro normativo promuovono il cambiamento in direzione dell’organizzazione per “processi”; da diversi anni la mappatura dei processi svolti nelle amministrazioni è prevista per la definizione delle misure di contrasto alla corruzione, ma viene utilizzata anche ai fini del Piano della Performance come pure per rappresentare all’esterno e all’interno il complesso delle attività svolte. Nel linguaggio e nella cultura della nostra PA si parla oramai con una certa frequenza di processi di servizio diretti agli utenti, di processi trasversali, processi interni e via dicendo; come notazione culturale, è interessante anche osservare che il concetto di processo sta progressivamente integrando (ma non sostituendo), un principio forte della cultura della PA italiana, quello di “procedimento”, tipico del diritto amministrativo.

È opportuno infine osservare che questo progressivo spostamento verso le logiche di processo non sarebbe stato possibile se non fossero disponibili le soluzioni offerte dalle tecnologie digitali, che si sono rivelate determinanti e stanno a loro volta determinando importanti cambiamenti negli stili di leadership, nelle competenze necessarie, nei profili motivazionali dei collaboratori.

Il Ciclo della Performance e la valutazione partecipativa

La valutazione partecipativa può essere considerata un significativo passo in avanti nel faticoso processo di riduzione dell’autoreferenzialità della PA, e si aggiunge in modo organico e strutturato al toolkit oggi disponibile (carta dei servizi, standard di qualità etc.) che vanno in direzione del rinnovamento del rapporto con il modo esterno. Alla base della valutazione partecipativa si pone un importante principio: il cittadino, sia come singolo sia attraverso associazioni, è un soggetto attivo che può collaborare con le istituzioni negli interventi che incidono nelle realtà sociali a lui vicine. Si tratta quindi di dare applicazione, anche nel settore pubblico, al concetto di citizensourcing, che consiste nel promuovere un lavoro costante, approfondito, capillare lavoro di consultazione, audizione e contraddittorio con le parti e i portatori di interesse.

Il d.lgs. 74 del maggio 201 e le Linee Guida recentemente emesse dal Dipartimento della Funzione Pubblica hanno dato concretezza e specificità al principio della partecipazione riferita al ciclo della Performance, con particolare riferimento alla performance organizzativa; l’oggetto della valutazione partecipativa concerne la qualità di tutte le attività istituzionali e tutte le prestazioni di servizi delle PA e di questa valutazione sono protagonisti i cittadini, gli utenti finali dei servizi resi dalle amministrazioni, gli stakeholders in generale in qualsiasi modo coinvolti direttamente o indirettamente nell’operato delle amministrazioni.

È interessante osservare come viene declinata la qualità dei servizi: la norma pone al centro la rilevazione del grado di soddisfazione (che può essere rilevato anche tramite modalità interattive quali i sondaggi continuativi e simili); oltre a ciò deve essere valutato anche quello che l’amministrazione fa per lo sviluppo delle relazioni con i cittadini e con gli altri soggetti interessati. Si prefigura quindi un sistema che coglie in modo quasi fotografico una variabile di breve periodo (la soddisfazione) ma la proietta in un contesto più ampio (la costruzione di un sistema di relazione e di dialogo), che è il vero modo per assicurare nel tempo il miglioramento della qualità stessa.

Tra gli aspetti significativi, segnaliamo il fatto che la norma individua nell’Organismo Indipendente di Valutazione (OIV) il possibile interlocutore dei cittadini e degli utenti a cui può essere direttamente comunicato “il proprio grado di soddisfazione per le attività e i servizi erogati”. Sempre all’OIV viene affidata la responsabilità di verificare l’effettiva adozione dei sistemi di rilevazione e si impone al medesimo Organismo di tenere conto dei risultati ai fini della valutazione annuale della Performance organizzativa, con i conseguenti riflessi sulle valutazioni individuali dei singoli dirigenti e collaboratori.

Trasparenza e Big Data

La trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni sta assumendo, in questi ultimi anni, un ruolo centrale nell’ambito delle politiche contro la corruzione ma anche nella prospettiva di un diverso rapporto con il cittadino, con particolare riguardo alla creazione di Valore Pubblico. Il Codice della Trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni ha riordinato e integrato le disposizioni in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione dell’informazione da parte dei soggetti pubblici, come pure ha potenziato gli strumenti di accesso dei cittadini alle informazioni e ai dati detenuti (accesso libero e accesso civico), in linea con le normative presenti nei contesti più avanzati.

È evidente quanto questa evoluzione possa porre le premesse per un reale passo in avanti in direzione non solo di un diverso rapporto tra PA e cittadini basato su più elevati standard relazionali, ma anche nel potenziamento dei processi di sviluppo dell’economia. Pensiamo ad esempio a tutte le informazioni che le PA devono rendere disponibili in materia di uso delle risorse pubbliche ma anche di prestazioni e servizi erogati; queste informazioni, sostanzialmente numeri, vanno considerate un “asset naturale” della PA che per definizione devono trovare un utilizzo nella produzione di Valore Pubblico.

In particolare, il vantaggio competitivo da mettere in campo è la capacità delle Pubbliche Amministrazioni di produrre dati affidabili. È proprio l’avvento dell’era dell’overflow of information, delle fake news, con la sovrabbondanza di informazioni disponibili ovunque e riversate da ogni parte senza una selezione, un criterio, una validazione, che rende ancor più centrale il ruolo del mondo pubblico nella messa a disposizione di dati aperti, verificati, certificati, aggiornati e contestualizzati.

I dati aperti delle pubbliche amministrazioni sono un patrimonio inestimabile che deve essere impiegato al meglio per supportare il processo decisionale dei singoli cittadini e delle organizzazioni complesse; occorre però formare e guidare i fruitori nella ricerca delle fonti, l’uso dei dati e la loro verifica, supportata e facilitata con appositi portali e piattaforme, come già molte Pubbliche Amministrazioni stanno facendo nei propri settori di competenza. Questo processo virtuoso può portare alla creazione di valore pubblico attraverso il miglioramento dei processi decisionali cui prima si è fatto riferimento, ma anche attraverso il miglioramento e l’innovazione dei servizi e dei processi produttivi, tenendo sempre in primo piano l’esigenza di tutelare il cittadino ed evitare il rischio del “monopolio dei big data” da parte dei grandi operatori dei servizi del digitale.

È certamente difficile per una Pubblica Amministrazione dotarsi di regole generali e universali relative a quali informazioni rendere pubbliche e aperte, senza restringere troppo l’ambito per eccessiva prudenza; nonostante questi limiti, la collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni, enti di ricerca pubblici e privati, operatori economici è un ambito molto promettente per incrementare il Valore Pubblico.

Trasparenza e performance

Quanto abbiamo appena descritto non si presenta soltanto come obbligo normativo, ma viene considerato anche all’interno di un importante sistema gestionale, quello della Performance. Facciamo riferimento la tema degli “Indicatori Comuni” che è stato recentemente affrontato dal Dipartimento della Funzione Pubblica, con la circolare emessa in chiusura dell’anno 2019.

Questa circolare presenta un elenco di 15 indicatori comuni, identificati a seguito di una sperimentazione, che meglio si prestano ad essere utilizzati dalle Amministrazioni per la misurazione di aspetti di efficienza, efficacia, stato delle risorse e che possono essere utilizzati nel Piano della Performance già a decorrere dal ciclo 2020-2022; spiccano in questo ambito gli indicatori riferiti all’area della “Gestione della Comunicazione e della Trasparenza”, articolati in due importanti aree (Consultazione del portale istituzionale e Grado di Trasparenza dell’Amministrazione) di cui vengono fornite formule e indicazioni specifiche di calcolo.

Questa operazione può essere valutata in termini estremamente positivi per varie ragioni: innanzitutto si utilizza il ciclo della performance per quello che effettivamente deve essere: un sistema di “rinforzo” che facilita e promuove l’integrazione organizzativa in direzione degli obiettivi istituzionali, e assicura una coerenza complessiva dell’azione gestionale. Secondariamente, il fatto di disporre di indicatori normalizzati e comuni a tutte le amministrazioni consentirà di mettere in atto azioni strutturate di benchmarking, stimolando quindi una sana competizione tra gli Enti e accelerando i processi di miglioramento.

Anticorruzione e Performance

Il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e la Trasparenza (PTPTC), che come noto ha lo scopo di mappare i rischi e individuare le misure organizzative atte a prevenire la possibilità dell’avverarsi di fenomeni corruttivi, presenta a sua volta interessanti connessioni rispetto al Tema della Performance; quest’ultima infatti rappresenta, in una logica di integrazione e coerenza di tutti gli strumenti di programmazione utilizzati nelle Pubbliche Amministrazioni, il principale strumento con cui dare attuazione alle misure del PTPCT.

Numerose Amministrazioni stanno progressivamente introducendo misure finalizzate ad assicurare integrazione e coerenza tra i due sistemi: in primis, mettendo a punto una mappatura dei processi che funga da “base comune” per ambedue e dia modo di leggere in modo unitario il funzionamento interno e gli output prodotti dalle Amministrazioni (anche se l’utilizzo fatto di questa “base comune” è ovviamente differenziato, come precedentemente ricordato: nel caso dell’anticorruzione, per la valutazione della rischiosità dei processi e la individuazione delle misure di mitigazione; per la Performance, è finalizzata all’individuazione degli obiettivi dell’Amministrazione).

Altre interessanti tendenze consistono nella progressiva introduzione di sistemi informativi integrati, anche nelle funzionalità di controllo di gestione, che consentano un migliore allineamento tra obiettivi di policy, risorse finanziarie allocate, processi organizzativi e misure di trasparenza o di prevenzione della corruzione. Il cerchio può chiudersi con una previsione di obiettivi specifici per tutte le strutture di vertice di obiettivi trasversali legati all’assolvimento delle disposizioni in materia di anticorruzione e trasparenza, obiettivi che possibilmente siano caratterizzati e tengano conto delle peculiarità delle strutture oggetto di valutazione, al fine di assicurare un maggior impatto gestionale.

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