di Salvatore Parente
Rivedere i processi di reclutamento e selezione nella Pubblica Amministrazione e lavorare sull’inserimento e la socializzazione dei neoassunti. È questa una delle sfide che dovranno essere affrontate (e vinte) nei prossimi mesi per garantire un forte rinnovamento della PA e il rilancio del Sistema Paese. Per fronteggiare la coda dell’epidemia da Covid-19 e cogliere appieno il contestuale afflusso delle risorse del Next Generation EU. Una sfida, certo, ma anche il tema alla base del progetto di ricerca “Il ruolo chiave delle politiche di Gestione delle Risorse Umane nei processi di assunzione degli enti locali. Il caso della Regione Campania” nato dalla collaborazione tra il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e IFEL Campania.
Uno studio sul Corso-concorso bandito da Palazzo Santa Lucia nel luglio 2019 all’interno del programma “Piano per il Lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni della Campania” per l’assunzione di circa 10mila nuove risorse da distribuire presso vari enti locali regionali i cui risultati ci vengono illustrati dalla Prof.ssa Filomena Buonocore, docente ordinario di Organizzazione aziendale presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”. La Prof.ssa Buonocore, a capo del gruppo di ricerca composto dalla Prof.ssa di Sociologia generale Valentina Grassi dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, dal Dott. Michele Barbieri, dottorando in Diritto e istituzioni economico-sociali dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e dal Dott. Davide de Gennaro, ricercatore di Organizzazione aziendale presso l’Università degli Studi di Salerno e docente temporaneo presso la SNA (Scuola Nazionale dell’Amministrazione), ha messo insieme una analisi esplorativa e semi-strutturata dal lato degli enti ospitanti mediante dieci interviste di tipo qualitative sull’inserimento e la socializzazione dei neoassunti ma anche sui processi di reclutamento del personale appena selezionato.
La ricerca presenta tante luci e poche ombre ma soprattutto un forte stimolo al ringiovanimento del personale degli enti locali regionali: “Il Piano per il Lavoro – afferma la Prof.ssa Buonocore – presenta numerosi vantaggi in termini di risparmio di risorse economiche e umane per gli enti aderenti. Si tratta di una procedura molto conveniente che abbatte costi e oneri, nonché una valida iniziativa per far fronte al problema del sottodimensionamento del personale pubblico scaturito dal processo di pensionamento anticipato. Ciò vale in particolar modo per i comuni più piccoli che incontrano maggiori criticità procedurali nell’espletare un concorso pubblico. L’iniezione di risorse umane «giovani e fresche» (non solo in termini di età ma anche di attitudini e capacità) consente di accrescere il personale in termini numerici e apportare competenze nuove e innovative. Una delle controindicazioni del Corso-concorso però, riguarda la possibilità, per i candidati, di scegliere al termine della procedura di selezione, l’ente locale di destinazione dove insediarsi definitivamente. E qui i piccoli comuni, situati in zone più periferiche e logisticamente più difficili da raggiungere, rischiano di non ricadere nella scelta dei vincitori. Cosa che produce (implicitamente) una minore motivazione ad investire tempo nella formazione e nelle attività di inserimento e socializzazione di candidati che, da un momento all’altro, potrebbero optare per una diversa amministrazione in cui lavorare”.
Bene l’innesto di risorse ma il reclutamento e la selezione restano ancorati a schemi (forse) non più aderenti alle profonde trasformazioni digitali e non solo, che stiamo vivendo e che il Covid-19 pare aver accelerato: “Non è sufficiente stanziare risorse pubbliche destinate all’assunzione. Né può bastare, per quanto fondamentale, la sola definizione dei fabbisogni del personale. Diventa necessario rivedere i processi di reclutamento e selezione e, quando la selezione è avvenuta, lavorare sull’inserimento e la socializzazione organizzativa dei neoassunti, per favorire la loro piena integrazione nel contesto organizzativo e un’adeguata preparazione su ciò che ci si aspetta dal loro ingresso nell’organizzazione. Di qui la necessità di nuove competenze per la PA e il rinnovo delle politiche di gestione delle risorse umane nella pubblica amministrazione. Questi rappresentano due punti critici da affrontare e sono collegati tra di loro. In quanto solo rivedendo le politiche di gestione delle risorse umane è possibile favorire lo sviluppo di competenze idonee”.
E tutto questo è possibile prestando maggiore attenzione a quelle che gli esperti chiamano soft skills, ovvero quelle competenze trasversali, quali comunicazione, problem solving, lavoro di squadra, leadership, creatività, oggi poco prevedibili in statici test preselettivi e selettivi: “Il reclutamento e la selezione del personale oggi si soffermano prevalentemente su una valutazione che tiene conto dei titoli di studio acquisiti e dalle conoscenze pregresse concentrando l’attenzione su competenze per lo più di tipo tecnico-amministrative; le prove preselettive e selettive lasciano poco spazio ad una valutazione di tipo «skill-oriented». La conseguenza di un sistema di selezione così congegnato è che ci ritroviamo con personale con ottime capacità amministrative ma prive di competenze organizzative e di soft skills, che sono fondamentali data la complessità in cui operano le organizzazioni odierne. La misurazione delle competenze trasversali consente di selezionare talenti che possano apportare concreti miglioramenti nella PA sia dal punto di vista organizzativo che delle performance”.
Esigenza rinnovatrice che fa il paio con una socializzazione formale e informale, aggravata dal Covid-19 e dal lavoro a distanza, carente o poco strutturata da parte degli enti intervistati: “L’ampia diffusione dello smart working ha svuotato gli edifici della PA rendendo particolarmente complesso l’inserimento e la socializzazione organizzativa di persone che entrano per la prima volta in una organizzazione. I nuovi entranti hanno svolto l’attività formativa attraverso la didattica on line, mentre il periodo di job-on-training è stato realizzato in presenza. Questo ha di certo influito negativamente sulla “qualità” dei processi di inserimento e socializzazione. Dall’altro lato però questi cambiamenti hanno fornito l’occasione per riflettere sulla necessità di un rinnovamento, dal punto di vista organizzativo, gestionale e delle competenze”.
Cambiamenti che accelerano la svolta rinnovatrice dei processi di reclutamento, selezione, inserimento e socializzazione della PA e che possono provenire da proposte mirate: “Nelle politiche di reclutamento per il pubblico impiego – conclude la Prof.ssa Buonocore – un ruolo importante può essere giocato dal sistema della formazione universitaria, quale possibile luogo di approfondimento e conoscenza del contesto lavorativo, quello pubblico appunto, spesso conosciuto per occasioni di inefficienza o corruzione e non per l’importanza e la complessità dei compiti che quotidianamente svolge. Mentre nuovi strumenti di selezione, basati su questionari ad hoc e tecniche di assessment delle competenze (già da tempo utilizzati dal settore privato) consentirebbero la rilevazione di skills quali: la capacità di cooperazione, il problem solving, l’empatia, la flessibilità o la resilienza”.