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L’ultimo miglio. La fase finale della programmazione delle risorse Fesr 2021-27

di Maria Laura Esposito, Rosario Salvatore e Marcella de Luca

Dopo che il 17 gennaio il Dipartimento per le Politiche di Coesione (DPCoe) aveva trasmesso la bozza di Accordo di Partenariato (AdP), lo scorso 22 aprile, la Regione Campania ha proceduto all’invio ufficiale della prima bozza di Programma Regionale Fesr-Campania 2021-27 al cosiddetto “Nodo-Italia” che, a sua volta, lo ha inoltrato, una volta completati i controlli formali, alla Commissione Europea (CE). Invio che era stato preceduto da due incontri preparatori di condivisione e confronto – un primo con il Partenariato socioeconomico (PES) e un secondo con i rappresentanti del desk Italia della CE – che erano serviti ad apportare le ultime modifiche al testo. Con questo atto formale, la definizione della Programmazione delle risorse europee è entrata nella sua fase finale. Può, finalmente, partire il negoziato ufficiale tra le parti, che vedranno le AdG nazionali e regionali confrontarsi in trattative con i servizi della Commissione Europea – avendo già recepito nelle bozze dei Programmi regionali e nazionali le istanze del Partenariato socioeconomico – per predisporre al meglio il Programma e articolare in maniera ottimale le azioni, al fine di conseguire i cinque Obiettivi Strategici che l’Europa ha fissato. Una fase che, nell’insieme, non potrà durare più di cinque mesi e che, quindi, dovrebbe portare all’approvazione del Programma entro la metà di settembre prossimo, in tempo rispetto alla scadenza fissata a dicembre 2022.

Un percorso, tuttavia, ricco di incognite e con qualche incertezza, a cominciare dal fatto che l’invio della bozza di AdP, cui si è fatto riferimento, non equivale a una sua approvazione, per cui i contenuti e le linee interpretative attualmente a disposizione di chi ha redatto la prima bozza dei programmi, non per forza saranno quelli approvati dalla Commissione, fatto, questo, che potrà implicare ulteriori richieste di modifiche o revisioni. Anche a prescindere da questo, le incognite sono quelle tradizionali, proprie di un negoziato difficile, reso ancora più complicato da regolamenti che – essendo ancora privi degli atti delegati che dovranno essere predisposti dalla Commissione – si aprono a interpretazioni tutt’altro che lineari e pacifiche e che, di conseguenza, determineranno non poche discussioni. Un esempio su tutti, i temi della cultura e del turismo – non presenti nella versione dei regolamenti presentata dalla Commissione e successivamente inseriti, anche in considerazione dello straordinario impatto negativo della pandemia proprio su quei due settori tanto importanti per i nostri territori. Ebbene, proprio su questo, non c’è unità interpretativa tra la lettera del regolamento, che ne rimarca il ruolo di motore e acceleratore dei processi di sviluppo economico, oltre che mezzo di inclusione e innovazione sociale, e la volontà dei servizi della Commissione di restringerne il campo di applicazione esclusivamente a questi due ultimi aspetti. Se – come pare – fosse quest’ultima interpretazione a prevalere, sarebbe necessario un vero e proprio stravolgimento del paradigma nel modo stesso di intenderne investimenti e finalità.

Una questione di non poco conto che inciderebbe sulla possibilità o meno di prevedere una strategia di investimento complessiva e adeguata per settori, nei quali la Campania è tra le più rappresentate: oltre 22 milioni di presenze annue (di cui 10 milioni provenienti dall’estero), ricchezza di un patrimonio culturale di pregio storico-artistico (10 siti Unesco su 55 totali) e naturalistico (2 Parchi nazionali, 9 aree marine e riserve naturali protette, 39 presidi slow food, 53 produzioni DOP e IGP). Un settore che, nell’ultimo decennio, era cresciuto a un ritmo medio del 2,1% (rispetto all’1,6% per Italia e Mezzogiorno), anche perché forte di una quota di presenze straniere tra le più alte nel Mezzogiorno (48% dietro solo al 50% della Sicilia)[1]. Un punto di forza che ha reso il territorio campano il più esposto alla crisi del turismo internazionale dovuta alla pandemia Covid e che per questo necessita di investimenti mirati a una rapida ripresa e a un nuovo consolidamento nel tempo.

Di certo nel quadro degli investimenti dei prossimi anni, un ruolo importante sarà giocato dal PNRR, sia per la quantità di risorse a disposizione, sia per i settori che investe, sia – non da ultimo – per i meccanismi semplificati di spesa, che, se non ben governati, rischiano – per paradosso – di generare grosse difficoltà sulla spesa dei fondi regionali, determinando un profondo effetto spiazzamento. Viceversa, se mal governati potranno non solo determinare contraccolpi sui bilanci nazionali, ma anche ingenerare una pressione senza precedenti proprio sui fondi europei, col rischio di scaricare su questi ultimi quei progetti – e potrebbero essere tanti – che non riuscissero a trovare realizzazione entro i tempi richiesti dal PNRR.

Ma questo aspetto è, anche, una di quelle incertezze cui si faceva riferimento in precedenza. Uno dei punti di maggiore difficoltà, nella definizione dei programmi Fesr, è, infatti, proprio la richiesta di definire in maniera puntuale quelle che saranno le delimitazioni tra i fondi, nonché gli aspetti puntuali su cui andranno ad incidere. Un lavoro molto più complesso di quello che potrebbe sembrare per almeno due motivi. Anzitutto, non risultano così immediati e lineari il raffronto e la demarcazione tra il Programma Fesr – che lavora per azioni – e il PNRR, che è stato definito sulla base di interventi. In secondo luogo, ed è quello che più conta, è la quasi totale assenza di interlocuzione tra gli Organismi centrali responsabili dell’attuazione del PNRR (ma la critica potrebbe essere estesa anche ai Programmi Nazionali (PN) finanziati con i fondi Fesr e che valgono, per le regioni del Mezzogiorno ben il 32% del totale della dotazione loro assegnata a livello Europeo) e le Autorità regionali (che invece stanno predisponendo i PR-Fesr), che genera un clima di nebulosità e in-definizione sulle scelte e sulle iniziative che si intendono assumere a livello nazionale.

Non da ultimo – pur volendo tralasciare il tema dell’alea di incertezza prodotta dalla gestione delle misure per bandi concorrenziali – vanno anche rimarcate le oggettive difficoltà che si stanno riscontrando nella concreta applicazione (e applicabilità) della riserva territoriale del 40% a beneficio delle Regioni del Mezzogiorno. Come ricostruito di recente da Svimez “il 40% è tutt’altro che un risultato acquisito, è un obiettivo” [2], da perseguire e conseguire usando nella maniera migliore tutti gli strumenti di governance del PNRR, incluso il potere sostitutivo nei casi di manifesta inefficienza che pregiudica la realizzazione degli interventi. Per contro, si intravede anche un rischio ulteriore e concreto: che per rispettare target e milestone, si finisca col sacrificare l’obiettivo del superamento dei divari territoriali e quel 40% che, è sempre bene ricordarlo, per quanto inserito nel Piano, per Bruxelles non rappresenta una condizione per la sua attuazione.

Un crogiolo di problemi che vanno affrontati in maniera coordinata a tutti i livelli. È necessario che in questa fase – al lavoro e alle interlocuzioni proprie delle Regioni con Bruxelles e con la Commissione – risulti assolutamente sinergico (oltre che coordinato e condiviso con le Regioni stesse nelle sedi opportune) quello delle Amministrazioni centrali, sia per fare fronte comune nel negoziato su quegli aspetti dei regolamenti ancora non chiariti e aperti a interpretazioni, sia contribuendo al dibattito sulle necessarie demarcazioni tra Programmi e livelli, favorendo lo scioglimento di nodi che, in caso contrario, possono appesantire non poco il negoziato, rallentando l’approvazione dei programmi, la conseguente disponibilità di risorse e, in ultima istanza, la possibilità che strumenti programmatori diversi possano contribuire, ciascuno per propria competenza, alla trasformazione del sistema-Italia.

[1] Per i dati, cfr. CDP Think tank, L’economia campana: le 5 eccellenze da cui ripartire, Ottobre 2020

[2] Sud e PNRR: la ricognizione ex ante del DPCoe conferma le criticità indicate dalla SVIMEZ, nota a cura di Luca Bianchi e Carmelo Petraglia.

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