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La parità di genere all’interno delle organizzazioni pubbliche e private

di Roberta Mazzeo

È indispensabile prevedere premialità per i soggetti che mettono in pratica politiche di gender equality all’interno delle proprie strutture organizzative

Grafica di Marika Sarno

Diverse sono le iniziative avviate dal Governo per portare l’occupazione femminile all’obiettivo del +4% entro il 2026. Strumenti previsti per l’abbattimento del gender pay gap e per una piena realizzazione del PNRR in una prospettiva di genere con obiettivi chiari: piena partecipazione delle donne al mondo del lavoro, rispetto e tutela effettiva della maternità e realizzazione della democrazia paritaria in tutte le sue sfaccettature.

Tra questi strumenti vi è la certificazione della parità di genere inserita nel codice degli appalti per premiare le aziende che se ne avvarranno. Certificazione già contenuta nel D.lgs. 198/2006 (Codice delle pari opportunità) ed istituita dal 1° maggio scorso, con l’entrata in vigore delle modifiche introdotte dal DL 30 aprile 2022 n. 36 “Ulteriori misure urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” agli articoli del codice degli appalti (D.lgs. 50/2016) in tema di parità di genere.

Il PNRR prevede un contributo finanziario alle aziende connesso ai costi di accompagnamento e certificazione, con un massimale – per cui ancora non sussistono i decreti attuativi – che dovrebbe arrivare a 15mila euro per azienda. Sono previsti inoltre vantaggi fiscali alle imprese che otterranno la certificazione di parità di genere, con uno sconto dei contributi previdenziali per i quali il Governo ha stanziato 50 milioni di euro l’anno.

Ulteriori benefici sono connessi a punteggi premiali in caso di partecipazione a bandi comunitari. La UNI/PdR 125:2022, pubblicata a marzo scorso, introducendo uno standard nazionale per la certificazione per la parità di Genere, prevede l’adozione di 33 specifici Indicatori chiave di prestazione (KPI) per valutare e misurare le Politiche di parità di genere all’interno delle organizzazioni pubbliche e private.

Strumenti che comunque da soli non bastano ma occorre continuare a lavorare con percorsi mirati per incrementare l‘empowerment femminile, soprattutto in campo educativo, già dalle scuole coinvolgendo le amministrazioni locali e le imprese, investendo su strumenti di mainstreaming di genere, come il gender responsive procurement, i Piani di Parità aziendali e tutti gli altri possibili approcci che vadano a premiare il commitment aziendale – sostanziale e non solo formale – verso obiettivi di parità e di riduzione dei divari di genere.

Divari di genere che, soprattutto nel Mezzogiorno, restano un elemento di freno alla crescita sociale ed economica ed alla piena emancipazione femminile, con una dispersione di talenti, competenze ed attitudini che grava strutturalmente sul contesto sociale e sul sistema pubblico del Sud e dell’intero Paese.

Gli enti locali rivestono un ruolo chiave nel promuovere ed incentivare l’investimento delle imprese rispetto strategie di parità di genere. Strategie direttamente connesse con le prospettive di innovazione, cambiamento e modernizzazione – fondate sulla visione organizzativa e manageriale in grado di potenziare l’azienda e ridurre i gap di genere senza stereotipi – siano le leve per evolvere, innovare e per governare i cambiamenti, rafforzandosi e integrando allo stesso tempo un elevato profilo di etica manageriale di genere.

“Per aumentare il numero di imprese virtuose coinvolte nel percorso qualitativo e non meramente rendicontativo di inclusione e parità di genere e valorizzare ulteriormente gi strumenti messi in campo serve aggiungere un approccio di sostenibilità integrale che valorizzi il tema della parità di genere all’interno di una più ampia strategia, adattiva, anticipatoria ed aperta al cambiamento  delle aziende” afferma Maurizio Mosca esperto di gender mainstreaming con una ventennale esperienza sulle politiche di uguaglianza di genere sia a livello nazionale, comunitario ed internazionale.

La EU Platform on Sustainable Finance ha pubblicato lo scorso febbraio una proposta per estendere l’ambito di applicazione della tassonomia per includere altri obiettivi di sostenibilità e per completare il pilastro social della classificazione UE delle attività economiche sostenibili proprio a partire dal tema della parità di genere e dell’inclusione sociale.

Secondo la proposta formulata, le imprese finanziarie e non-finanziarie sottoposte al perimetro di applicazione del regolamento dovrebbero dimostrare la sostenibilità sociale delle attività economiche svolte in base a tre obiettivi principali: il mantenimento di condizioni di lavoro ottime per tutte le lavoratrici e i lavoratori dipendenti; la garanzia di adeguati standard di benessere sia per i dipendenti che per gli utilizzatori finali dei prodotti e servizi dell’azienda ed infine un impatto sullo sviluppo economico sostenibile delle comunità in cui l’azienda opera. Un approccio di sostenibilità integrata dunque che non riguarda solo l’azienda ma tutta la sua filiera.

È necessario che la lettura e la valutazione degli indicatori UNI sia supportata da una sostanziale ottica e competenza di genere, altrimenti si rischia solo di tracciare una checklist priva di sostanziale valore di genere” sottolinea Mosca.

Un contributo importante nel percorso delle politiche di parità di genere avviato dalla Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, è stato dato dalla società civile tra cui #InclusioneDonna, un network che riunisce circa 70 associazioni per promuove la parità di genere nel mondo del lavoro e della rappresentanza, e che rappresenta oltre 50mila donne, tra professioniste, manager, imprenditrici, impiegate in diversi settori del mondo lavorativo.

“Un lavoro di integrazione dei riferimenti più ampi in materia ESG con quelli più specifici sul tema della parità di genere è stato fatto dalla Rete di NeXt Nuova Economia per Tutti insieme ad UCID con il coinvolgimento di più di 44 organizzazioni nazionali, 52 tra accademici ed esperti di settore –  spiega Stefania Bracaccio vice presidente di UCID, Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti – una base scientifica che gratuitamente e in una logica di Bene Comune può essere messo in condivisione per l’elaborazione di linee guida generali sul tema della parità di genere che permetterebbero di valorizzare l’ottimo lavoro già svolto con l’UNI/PdR 125/2022 dal Ministero delle Pari Opportunità e della famiglia per prevedere un processo di sviluppo sostenibile complessivo delle aziende. Linee guida che non produrrebbero un costo di adeguamento aggiuntivo soprattutto per le piccole e medie imprese italiane, ma garantirebbero a quelle che già adottano indici ESG un maggiore accesso al credito, attraverso il riconoscimento del tema della parità di genere da parte di tutti quegli istituti di credito che obbligatoriamente dovranno valutare gli indicatori ESG delle loro imprese clienti in fase istruttoria, e una premialità nella partecipazione a gare pubbliche ed appalti secondo il principio di equivalenza senza dover affrontare le significative spese di valutazione ESG”.

Il principio guida della premialità, ma anche della certificazione e di tutto il processo di accompagnamento deve essere la cifra di valore in termini di promozione della parità di genere e di riduzione dei connessi divari e non la mera conta di aspetti formali e rendicontativi.

L’obiettivo di questi strumenti non sono gli incentivi ma maggiore parità e minori diseguaglianze di genere. E le risorse per gli incentivi, limitate, devono necessariamente premiare chi contribuisce al cambiamento.

Gli enti locali, vere leve strategiche del cambiamento, hanno in questo percorso un ruolo importante. Dirigere risorse verso le imprese che investono nel cambiamento e nella parità di genere, con una dinamica organizzativa che detiene anche un fine sociale, richiede un parallelo investimento in capacitazione di genere all’interno degli enti locali stessi, attraverso formazione specialistica e accesso a forme di supporto e accompagnamento.

La gestione premiale di incentivi in ottica di genere deve essere corroborata da adeguate competenze, che siano in grado di sedimentare valore nelle procedure e nei procedimenti amministrativi. Il PNRR, tra l’altro, gronda di simili opportunità, da cogliere, per vincere la sfida per società e comunità eque e sostenibili.

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