di Gaetano Di Palo
In questo periodo di particolare sollecitazione verso l’uso corretto, intelligente ed efficace delle risorse appare necessaria l’adozione di approcci in grado di esplicitare in maniera chiara e convincente le ragioni alla base delle scelte strategiche e progettuali e l’uso di tecniche capaci di disegnare framework organizzativi e gestionali[1] logicamente strutturati, resistenti e dinamici al servizio di interventi di ampio respiro, atti a generare valore e ad elevato impatto sociale.
Theory of Change è una metodologia di analisi ed indagine applicata con particolare successo nel campo della ricerca e degli interventi in campo sociale[2], ed utilizzata in special modo per programmare, implementare e valutare interventi e progetti che intendono promuovere e sviluppare processi innovativi attraverso la partecipazione e il coinvolgimento di attori tanto interni quanto esterni all’organismo che intende promuoverli.
La Teoria del Cambiamento consiste in un processo partecipativo in cui più parti interessate in una attività di pianificazione declinano ed articolano i loro obiettivi di medio-lungo termine ed individuano i presupposti e le condizioni che ritengono più opportune – e talora necessarie – per il loro conseguimento. Queste assunzioni e condizioni vengono poi concatenate in maniera logico-sequenziale e quindi configurate, in un rapporto causa-effetto, come risultati intermedi e finali. Ogni singolo micro-intervento è quindi collegato a un risultato ben definito che confluisce in un framework causale, il quale di fatto rappresenta la scansione logica (e poi anche grafica) della complessa serie di micro-attività necessarie per ottenere il cambiamento.
L’idea di base consiste dunque nell’esplicitare come gli interventi complessi[3] vengano costruiti in termini di singole attività che verranno intraprese e di quale livello di successo di ciascuna di esse sarà necessario affinché ogni singolo risultato ottenuto possa produrre l’impatto finale previsto. Theory of Change è dunque il processo decisionale partecipativo, contestualizzato e condiviso, ma è anche il framework concettuale la cui mappa operativa accompagnerà l’implementazione ed il monitoraggio delle azioni decise.
Nell’approccio così descritto vengono delineati i diversi tipi di operazione inerenti ad un programma o iniziativa che portano a risultati che vengono a loro volta delineati e collocati logicamente in una vera e propria mappa nel framework causale dei risultati. Il framework causale, dunque, diviene un vero e proprio modello di riferimento[4] sul quale sperimentare modalità di programmazione, ma soprattutto di conduzione delle attività, verificare possibili assunzioni e testare le diverse ipotesi a confronto. In virtù di tali ragionamenti e simulazioni sarà possibile identificare quali singole attività ed azioni produrranno al meglio i risultati attesi per l’appunto sequenzialmente rappresentati dal modello causale stesso.
Il ricorso ad un modello grafico e/o infografico della Teoria del Cambiamento è molto frequente sia in letteratura che nella pratica, sebbene si ritiene sia sempre indispensabile che questo venga anche accompagnato da una narrazione che illustri la logica del framework.
Figura 1– Un caso di Theory of change applicata al Circular food economy
Fonte: Our food future, Guelph Municipality, Wellington County, Canada
La ratio della teoria del cambiamento si basa quindi principalmente sulle connessioni logiche tra i vari risultati concatenati e soprattutto sulla necessità del conseguimento di uno per raggiungerne quello/i successivo/i. Le ipotesi ed assunzioni sottostanti al modello Theory of Change spiegano il fondamento contestuale e concettuale della teoria e sono accompagnate da una rigorosa analisi sulla plausibilità del modello in sé e sulla probabilità che gli obiettivi dichiarati possano ragionevolmente essere raggiunti[5].
Questo tipo di approccio consente la verifica ex ante di diversi percorsi causali da intraprendere per ottenere gli obiettivi di medio-lungo termine attesi: e cioè il cambiamento. Un percorso è costituito dalla sequenza dei risultati intermedi che devono ottenersi per raggiungere l’obiettivo finale a lungo termine. I percorsi sono rappresentati da catene di risultati collegati, che procedono dai primi risultati fino a quelli a lungo termine e finali. Nelle attività più complesse possono svilupparsi più percorsi che, pur rispettando la logica sequenziale, rappresentano la logica causale di più interventi ed attività[6]. In tal caso, senza alterare la concettualizzazione sinora descritta, ne conseguiranno dei reticoli laddove in più percorsi (paralleli, incidenti ed intersecanti) ogni livello del percorso riproduce la catena dei risultati che devono riscontrarsi per conseguire l’obiettivo successivo.
Sotto il profilo metodologico[7] è di estremo interesse nel processo di creazione dei percorsi logico-sequenziali l’applicazione della cosiddetta “mappatura a ritroso“[8], la quale prende spunto dall’analisi dei risultati a lungo termine attesi per poi procedere all’indietro fino a giungere ai primissimi risultati che costituiscono le precondizioni del cambiamento. Tale approccio alla pianificazione, a differenza del classico Modello Logico di programmazione[9], a ben vedere, sposta il baricentro del processo dall’analisi dalle attività da svolgersi per consentire il conseguimento di determinati obiettivi alla individuazione delle precondizioni necessarie affinché il risultato a lungo termine venga raggiunto.
Sovente più precondizioni coesistono, necessariamente in forza di una logica sequenziale ovvero per ragioni esterne al/i percorso/i (si pensi all’adeguatezza del dettato normativo specifico, o alle dinamiche del mercato del lavoro o dei servizi sociali) e quindi nel framework causale dei risultati è opportuno raggruppare alcune precondizioni in cluster. Il cluster[10] quindi delinea un insieme di precondizioni che concettualmente non soltanto vi appartengono, ma che in qualche maniera interagiscono logicamente tra loro, operando di fatto come una precondizione congiunta in favore dei risultati attesi situati successivamente lungo la sequenza nel framework logico-causale. Giova segnalare che, oltre all’esigenza di una corretta rappresentazione combinata dei suddetti fattori, la considerazione di questi elementi di percorso logico in modalità cluster evita anche la necessità di attribuire numerosi pesi (anche minimi) ad ogni precondizione confluente in un risultato di magnitudo maggiore. Tra l’altro la clusterizzazione comporta anche una importante evidenziazione dei livelli di interdipendenza tra più precondizioni singole senza però il dover diagrammare la mappa di ciascuna delle relazioni causali interne sotto-raggruppate.
L’adozione della Teoria del Cambiamento impone la trasparenza nei processi di attuazione e valutazione partecipata, in modo da garantire che tutti gli stakeholder ed attori che ne sono a vario titolo coinvolti siano costantemente al corrente delle assunzioni, ipotesi, azioni considerate e poste in essere per il conseguimento degli obiettivi e dei risultati ottenuti[11]. La metodologia, infatti, richiede che ogni risultato sia esplicitamente definito e che a ciascun risultato sia associato uno (o più) indicatore di successo. Inoltre, durante il processo di implementazione il promotore dell’iniziativa raccoglie, elabora ed analizza i dati rilevati sugli indicatori chiave utilizzando tali batterie per monitorare i progressi della Teoria del Cambiamento[12] e se del caso per intervenire in maniera correttiva rivedendo il modello e/o i percorsi nei punti e nodi critici evidenziati dalle performance misurate[13]. Il controllo concomitante è dunque concettualmente – oltre che naturalmente operativamente – alla base dell’implementazione della Theory of Change, non avrebbe infatti alcun senso delineare in maniera dettagliata la sequenza logico-cnonologica delle operazioni da realizzare senza procedere alla loro verifica durante l’implementazione.
Sotto il profilo eminentemente operativo[14] l’approccio partecipativo Theory of Change per un progetto o iniziativa richiede l’organizzazione e realizzazione di incontri e workshop tesi, in primo luogo, ad identificare gli obiettivi a lungo termine condivisi e i presupposti ad essi sottesi, ed a condurre la discussione necessaria alla mappatura a ritroso dall’obiettivo a lungo termine, elaborando e motivando le precondizioni e/o i requisiti necessari per raggiungerlo. Primo risultato fondamentale di tali attività consiste nella valutazione[15] e scelta degli interventi considerati più strategici per realizzare il cambiamento[16] desiderato.
Giova segnalare che senza dubbio la fase più importante dell’intero processo è proprio quella di definire correttamente – e soprattutto in maniera ampiamente condivisa – l’obiettivo a lungo termine, vale a dire proprio quel cambiamento che si sta cercando di ottenere. Ed è per tale motivo che dedicare tempo e risorse a questa primigenia scelta partecipata è più che opportuno; infatti anche se tale atteggiamento può comportare un rallentamento dell’inizio delle operazioni, tali attività preliminari hanno altrettanta dignità e rilievo metodologico che quelle di pianificazione e implementazione.[17]
Sovente, è buona norma durante le riunioni preliminari, invitare i partecipanti a ufficializzare la loro posizione nei confronti del problema da rimuovere, dalla carenza da colmare, dallo status da migliorare, giacché l’affermazione sistematizzata e pubblica da parte di più stakeholder consente una chiara esplicitazione del issue, il distacco dalla mera lamentela sul malfunzionamento o dal sogno da realizzare, e la sua conversione, attraverso una pubblica analisi di plausibilità e raggiungibilità, in un vero obiettivo di lungo termine definito e condiviso. Una volta delineate le scelte e decisioni, la mappatura concettuale[18] – ed una sua narrazione di accompagnamento – costituiscono la base di riferimento per le attività ed azioni da intraprendere nell’implementazione dell’iniziativa.
Figura 2– Un caso di Theory of Change applicato nel settore cultura ed education
Fonte: The Mississippi Children’s Museum Meridian, Jackson, MS, USA
Durante la mappatura è importante analizzare le assunzioni alla base dei percorsi logici da progettare; infatti, queste sono anch’esse delle condizioni che si ritiene siano necessarie per il successo del progetto e che però vengono considerate già esistenti, operanti ed inoltre costanti nel tempo. Le assunzioni possono invece presentare anch’esse dei problemi di valutazione inducendo ad una sottostima dell’alea ad esse connessa. Infatti, la circostanza che non necessitino (a differenza delle condizioni) di essere realizzate – almeno sulla carta – potrebbe bloccare/deviare il percorso logico in fase di implementazione, giacché si è data per scontata una assunzione che invece alla realtà dei fatti e/o al momento della realizzazione si è dimostrata errata. A tale scopo, è molto importante durante le fasi preliminari del Theory of Change stimolare la difesa delle assunzioni sottoponendole a prove di resistenza di tipo dibattimentale tra stakeholder.
Una volta delineato il framework, in affiancamento agli strumenti infografici e descrittivi è necessario sviluppare opportune batterie di indicatori per misurare in itinere i progressi nei risultati desiderati e valutare il timing, la qualità e la performance complessiva dell’iniziativa[19]. Gli indicatori da utilizzare possono essere molteplici, e sovente – complice l’utilizzo sempre più diffuso di software più sofisticati del mero foglio di calcolo – anche inutilmente numerosi. In linea di principio però, questi andrebbero comunque opportunamente immaginati e ricompresi in almeno quattro famiglie: una di tipo demografico e quindi relativa al numero di soggetti su cui si immagina di impattare il cambiamento; altra di carattere funzionale e cioè attinente alla categoria o al bisogno specifico che si vuole cambiare; altra ancora di carattere metrico, e cioè relativa alla misurazione del cambiamento atteso; ed infine una di carattere temporale e cioè inerente ai tempi di realizzazione. L’associazione degli indicatori ai risultati è una operazione delicata[20], che dipende oltre che dal costo delle rilevazioni e dal tempo nella loro lettura ed interpretazione, anche dalla gerarchia dei risultati, giacché in una ottica di risorse scarse sarebbe auspicabile concentrare le analisi dei risultati specialmente (se non esclusivamente) su quelli cruciali in termini di performance, la cui individuazione spesso è meno semplice di quanto si possa immaginare – e qui l’esperienza di chi conduce i lavori deve venire in soccorso degli stakeholder dell’intervento[21]. È buona norma nelle fasi più avanzate di mappatura causale far assistere alle riunioni di lavoro anche attori esterni, magari con profili professionali e background pertinenti – si pensi ad esempio alla portata inclusiva della multi-partecipazione alla Quadrupla Elica, di cui si è già scritto altrove[22] – a quelli che sono percepiti come nodi critici della mappa ed invitarli a contribuire all’asseverazione delle assunzioni e delle condizioni che si sta tentando di concatenare.
In definitiva Theory of Change declina e spiega come le micro-attività intraprese nel perseguimento di una iniziativa o progetto contribuiscano alla produzione di una catena logica di risultati e può quindi essere utile a giudicare la percorribilità di una policy[23]. È una metodologia per la sua natura adattiva, uno schema concettuale da potersi adoperare nell’ambito di una attività di pianificazione o di semplice delineazione di scenari di riferimento, anche alternativi[24], ma il suo impiego può essere considerato anche come strumento di misurazione di efficienza, di monitoraggio e valutazione di impatto di interventi e progetti[25]. Infatti, declinando una sequenza (ovvero anche rete) di assunzioni, precondizioni, risultati e micro-azioni all’interno di progetti a lungo termine, Theory of Change può costituire la base per la compilazione di documenti di delineazione di programmi e piani strategici. Al tempo stesso, identificando gli obiettivi specifici di un programma e collegandoli in base ad un processo causa-effetto a particolari micro-interventi, la metodologia consente la raccolta sistematica ed analisi rigorosa dei dati per valutare i progressi verso gli obiettivi dichiarati e l’efficacia degli interventi nel produrre risultati; resta poi alla sensibilità ed esperienza dei valutatori[26] attribuire a ciascuno di loro il giusto peso in termini di generatività del cambiamento, una grandezza – come però può facilmente immaginarsi – di non semplice misurazione.
[1] Si pensi ad esempio al LogFrame di EuropeAid“…a project design and implementation tool, which allows for a systematic and logical way of setting the project’s objectives and activities. It is useful in all stages of the Project Cycle. The Logical Framework presents the causal relationships between the different levels of objectives, provides indicators to check whether these objectives have been achieved and establishes what assumptions outside the project may influence its success. As such, it is a key instrument in the analysis of the project’s impact.” EuropeAid Co-operation Office. LFA. Logical Framework Annex J: Logical Framework Guidelines.
[2] Vuyisile Msila, Angeline Setlhako “Evaluation of Programs: Reading Carol H. Weiss“, Universal Journal of Educational Research 1(4): 323-327, 2013.
[3] Sabina Abou-Malham, Marie Hatem, “Understanding the Implementation of a Complex Intervention Aiming to Change a Health Professional Role: A Conceptual Framework for Implementation Evaluation” in Open Journal of Philosophy, Vol.3 No.4, October 21, 2013.
[4] Barbara Klugman, “Effective Social Justice Advocacy: A Theory-of-Change Framework for Assessing Progress” in Reproductive Health Matters · November 2011.
[5] Manav Khanna, Natalia M. Gusmerotti, Marco Frey, “The Relevance of the Circular Economy for Climate Change: An Exploration through the Theory of Change Approach“, in Sustainability, 2022, 14, 3991.
[6] Stame N. “Theory-based Evaluation and Types of Complexity” in in Evaluation · 10(1):58-76, January 2004.
[7] Gerard Prinsen, Saskia Nijhof “Between logframes and theory of change: reviewing debates and a practical experience”e, in Development in Practice, Vol.25:n. 2, 234-246, 2015.
[8] Richard F. Elmore, “Backward Mapping: Implementation Research and Policy Decisions” in Political Science Quarterly Vol. 94, No. 4, pp. 601-616.
[9] Heléne Clark, Andrea A. Anderson “Theories of Change and Logic Models: Telling Them Apart“, American Evaluation Association, Atlanta, Georgia, November 2004.
[10] Jaime R.S. Fonseca, “Clustering in the Field of Social Sciences: That’s Your Choice” in International Journal of Social Research Methodology, September 2012.
[11] Steve Rolfe, “Divergence in community participation policy: Analysing Localism and Community Empowerment using a Theory of Change approach“, in Local Government Studies 42(1):1-22.
[12] Nataliia Medlovska, “Analysis of the problems of regional development using the theory of change, in Proceedings of the Conference “Young researchers’ contribution to the development of public administration”, Chisinau, Moldova, 25 February, 2022.
[13] Timothy Roberton, Talata Sawadogo-Lewis, “Building coherent monitoring and evaluation plans with the Evaluation Planning Tool for global health“, in Global Health Action, 2022, Vol. 15, 2067396.
[14] Valeria Guarneros-Meza, James Downe, Steve Martin “Defining, achieving and evaluating collaborative outcomes: a theory of change approach“, in Public Management Review 20(2):1-19, 2017-
[15] Michael Quinn Patton “Blue Marble Evaluation: Premises and principles“, Guilford Publications, 2019.
[16] Daniel L. Reinholz, Tessa C. Andrews, “Change theory and theory of change: what’s the difference anyway?”, in International Journal of STEM Education, 7, Article no. 2, (2020).
[17] Sanna-Mari Salonen-Hakomäki, Tiina Soini, Janne Pietarinen, Kirsi Pyhältö “The Way Ahead for Finnish Comprehensive School? Examining State-Level School Administrators’ Theory of Change”. in Journal of Curriculum Studies, 11.02.2016.
[18] Reed, J., Chervier, C., Borah, J.R. et al. “Co-producing theory of change to operationalize integrated landscape approaches”. In Sustainability Science, Sep. 2022.
[19] Edward T. Jackson “Interrogating the theory of change: valuating impact investing where it matters most,” in Journal of Sustainable Finance & Investment, 3:2, 95-110,
[20] Verity Jones: “Environmental Education and the new curriculum for Wales: an evaluation of how a family of schools in a rural area used a Theory of Change approach”, in Environmental Education Research, March 2022.
[21] Weiss, C. “Nothing as Practical as Good Theory. Exploring Theory-Based Evaluation for
Comprehensive Community Initiatives for Children and Families” in New Approaches to Evaluating Community Initiatives 1: 65–92.
[22] Gaetano Di Palo,, Chiara Caprio “La Quadrupla Elica: propulsore democratico dell’innovazione”. in Poliorama Rivista di Economia, Cultura e Diritto., Luglio 2021.
[23] Connell, J.P., Klem, A.M. A Theory-of-Change Approach to Evaluating Investments in Public Education. In: Flynn, P., Hodgkinson, V.A. (eds) Measuring the Impact of the Nonprofit Sector. Nonprofit and Civil Society Studies. Springer, Boston, MA.
[24] Simpson, J. Local, Regional, National: What services are best delivered where? A Report to Carl Sargeant AM, Minister for Social Justice and Local Government, Cardiff: Welsh Government. In Rhys Iorwerth “Public services reform: timeline of local government developments” National Assembly for Wales, Research paper, July, 2013.
[25] Gaetano Di Palo, “Valutazione di impatto: strumento al servizio della misurazione dell’efficacia degli interventi pubblici”, in Poliorama Rivista di Economia, Cultura e Diritto., Ottobre 2021.
[26] Heng Luo, “The Role for an Evaluator: A Fundamental Issue for Evaluation of Education and Social Programs”. International Education Studies, Vol. 3, No. 2, 2010.