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Il ruolo dell’Unione europea nel Mediterraneo: la promozione della cultura del dialogo nel “mare del meticciato” 

di Salvatore Maria Pisacane

Gli intenti fondativi dell’Unione europea, interpretati, nel lontano 9 maggio 1950, dalla celebre dichiarazione del ministro degli esteri francese Robert Schuman, tendevano inequivocabilmente ad una stagione di pace, stabilità e benessere socioeconomico che, nel corso del tempo, non avrebbe escluso la regione mediterranea dalla propria sfera d’interesse e d’azione.

Del resto, non sfuggirà ai più che ben sette Paesi membri dell’Unione europea sono ricompresi nell’area mediterranea (Italia, Francia, Portogallo, Spagna, Grecia, Malta e Cipro), ragion per cui, da decenni, la cultura del dialogo è stata promossa dall’Europa per tentare di intrattenere rapporti di “buon vicinato meridionale” in quel Mediterraneo che, non di rado, è stato ed è teatro di pressioni migratorie, smottamenti geopolitici, profonde fratture sociali.

In effetti la regione mediterranea presenta una sua intrinseca complessità poiché è naturale crocevia di popoli, culture e storie afferenti alle diverse tradizioni dell’Europa meridionale, del Nord Africa e dell’Asia Minore: “il Mare nostrum è il luogo fisico e spirituale nel quale ha preso forma la nostra civiltà, come risultato dell’incontro di popoli diversi”, ha ribadito qualche anno fa, con veemenza, Papa Francesco evocando la vocazione del Mediterraneo, attraverso la reciproca inculturazione, l’apertura al dialogo, all’incontro e alla tolleranza, ad esser e a farsi “mare del meticciato”[i].

L’Unione europea sembrerebbe essersi sempre fatta autentica e saggia interprete di queste istanze di condivisione e confronto, ritenute indispensabili per la complessa tenuta politica e sociale del Mediterraneo. A tal proposito, circa un trentennio fa, in occasione della conferenza tenutasi a Barcellona il 27 e il 28 novembre 1995, l’UE avviava una strategia comune europea proprio per affrontare le questioni riguardanti l’area mediterranea: nasceva il cosiddetto “Processo di Barcellona”, anche noto come “Partenariato euromediterraneo”. Si assisteva, per la prima volta, ad un processo di cooperazione multilaterale tra gli Stati Membri, dodici Paesi terzi mediterranei (tra cui Israele e Palestina), la Lega degli Stati Arabi e i cinque Paesi dell’Unione del Maghreb arabo per inaugurare una stagione di dialogo e solidarietà votata a garantire stabilità, pace e sviluppo economico in tutto il Mediterraneo.

Il “Processo di Barcellona” poneva tre obiettivi fondamentali a cui il dialogo euromediterraneo dovesse tendere: 1) politico e di sicurezza, nel rispetto e nella promozione dei diritti e delle libertà fondamentali, dell’uguaglianza dei popoli e della democrazia, della sovranità degli Stati e della loro integrità territoriale, oltreché nel contrasto al terrorismo, al traffico di droga e alla criminalità organizzata e nella promozione della sicurezza regionale; 2) economico e finanziario, nel favorire lo sviluppo socioeconomico ed equilibrato dei Paesi terzi mediterranei onde creare una comune prosperità nel Mediterraneo attraverso le zone di libero scambio e la cooperazione finanziaria; 3) sociale, culturale e umano, nella promozione del dialogo interreligioso e interculturale per contribuire ad una cultura della tolleranza e del rispetto reciproco, nonché nel garantire diritti sociali fondamentali e dignità umana ai popoli coinvolti.

Questo ambizioso ed edificante processo di dialogo, promosso dall’UE per tentare di incidere concretamente sui problemi del Mediterraneo, è approdato, dopo ben tredici anni di ammirevoli sforzi, in occasione del Vertice di Parigi per il Mediterraneo tenutosi nel luglio 2008, alla fondazione dell’Unione per il Mediterraneo (UpM)[ii], un’organizzazione intergovernativa costituita dagli Stati Membri dell’UE e sedici Paesi mediterranei del Medioriente, Nordafrica e dell’Europa sud-orientale.

L’UpM opera tuttora, anche grazie al lavoro dell’Assemblea parlamentare euro-mediterranea, nel perseguimento di quegli ambiziosi obiettivi che furono individuati nel Processo di Barcellona, caratterizzando l’attuale politica europea di vicinato (PEV) secondo un modello di dialogo e confronto istituzionale che possa favorire sicurezza, stabilità e prosperità anche nelle aree più ostili e controverse del Mediterraneo.

[i] Papa Francesco, Incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo frontiera di pace” con i Vescovi del Mediterraneo, domenica, 23 febbraio 2020, disponibile su: www.vatican.va

[ii] Per un approfondimento: https://ufmsecretariat.org/who-we-are/structure/.

 

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