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Dimensionamento scolastico, prove di efficienza di un sistema ancora al guado

di Manuela Capezio

Dimensionamento scolastico e organizzazione

Qual è la dimensione ideale di un istituto? Quali variabili devono essere tenute in considerazione per determinarla?  Si può definire un livello ottimale per l’organizzazione e la gestione di una scuola lavorando con dei numeri su carta?

Di certo per definire la dimensione di un istituto vanno tenuti in considerazione differenti realtà: quella amministrativa in termini di numeri di risorse dedicate agli uffici, quella della comunità professionale riferita al corpo docenti, quella relativa alla capacità da parte di un dirigente di presidiare contemporaneamente la funzione amministrativo-gestionale, i rapporti con il territorio ed il ruolo educativo per la cura e il coordinamento delle attività didattiche. Non possiamo inoltre prescindere dalla distribuzione dei plessi sul territorio di riferimento e dalla sua eterogeneità, dalle risorse a disposizione da investire in laboratori distribuiti su più plessi e, non ultima, dal rapporto che l’istituzione decide di avere con il territorio e con la comunità scolastica che lo popola.

Queste variabili vanno combinate tra loro in modo che il loro prodotto consenta alle scuole di perseguire in modo ottimale la propria missione: le decisioni relative alla scuola quindi sono assai complesse se si considera che alla base di ogni operazione deve sottendere la piena soddisfazione dell’utenza e la piena rispondenza ai bisogni che la comunità, scolastica e non solo, esprime.

Il piano di dimensionamento scolastico ha l’obiettivo di razionalizzare la distribuzione nei territori dei presidi culturali ed educativi attraverso operazioni di aggregazione, soppressione e trasformazione delle istituzioni e di arricchimento dell’offerta formativa attraverso l’attivazione di nuovi indirizzi di studio presso le scuola del II ciclo.

Ogni anno le Regioni, secondo quanto stabilito dall’articolo 138 del D.lgs. 112/98 e dalla riforma del Titolo V della Costituzione (L. cost. 3/2001), sono chiamate a lavorare al dimensionamento della rete scolastica del territorio di propria competenza. Tale riorganizzazione mira alla programmazione della rete in un’ottica di razionalizzazione delle risorse a disposizione in termini di istituzioni scolastiche, di edifici, di unità di personale dirigente e tecnico amministrativo.

Il dimensionamento delle Istituzioni scolastiche avviene attraverso l’adozione annuale di una deliberazione di Giunta regionale contenente il piano regionale di dimensionamento riferito all’anno successivo.

La Regione Campania, per l’anno scolastico 2020-2021, ha provveduto a deliberare con DGR 616 del 04/12/2019 “Dimensionamento della rete scolastica e programmazione dell’offerta formativa – anno scolastico 2020/2021”. Ad oggi, alla base dell’assegnazione di un’autonomia scolastica è un criterio, unicamente numerico, che fissa in 600 il limite minimo di alunni perché l’istituzione sia autonoma. Tale limite subisce una deroga – scendendo a 400 -, nel caso di Comuni montani o piccole isole. È il caso di ricordare che il riconoscimento di comune montano prevede che lo stesso sia presente nell’Elenco Comuni di Montagna del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ex Legge 1 marzo 1957 n.90 (art. 1 della Legge 25 luglio 1952 n. 991).

I parametri attualmente fissati per consentire l’ottimale dimensionamento delle istituzioni scolastiche e la programmazione degli organici ed i criteri per l’individuazione delle istituzioni alle quali può essere assegnato un dirigente scolastico e un direttore dei servizi generali e amministrativi sono definiti con decreto del Miur, di concerto con il Mef, previo accordo da raggiungere in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni.

Il tavolo nazionale di concertazione sul dimensionamento scolastico

Per condividere il processo alla base del dimensionamento scolastico e, in particolare, del riconoscimento delle autonomie scolastiche in capo alle Regioni è in corso un approfondimento sull’individuazione di nuovi criteri per l’attribuzione degli organici del personale docente, dirigente, amministrativo e Ata di pertinenza di ciascun territorio regionale. Con questo obiettivo presso il Dipartimento per gli Affari Generali e le Autonomie sono state convocate riunioni tecniche alla presenza di: MIUR, MEF, ANCI, UPI, Rappresentanti delle Regioni.

È allo studio un documento per la costituzione di un tavolo di concertazione in Conferenza Unificata per l’elaborazione di nuovi criteri e parametri per la definizione del contingente organico del personale docente, dirigente, amministrativo e Ata di pertinenza di ciascun territorio regionale.

La proposta avanzata dalle Regioni prevede che, sulla base del contingente di autonomie attribuito dal Miur, valutate le peculiarità e le particolari esigenze del proprio territorio, per sopperire a particolari esigenze o casi eccezionali in contesti montani o caratterizzati da marginalità socio-economica, comprese le aree interne, le Regioni possano individuare gli istituti scolastici che hanno diritto ad un DS e un DSGA titolare sul proprio territorio, in deroga ai parametri definiti dalla L. 12 novembre 2011, n. 183.

Il presupposto di ogni ragionamento è che sulla media nazionale il contingente dirigenti è sottodimensionato di circa un 10% che nelle regioni più estese e rappresentative raggiunge anche 70 unità con significative ripercussioni sui profili organizzativi gravanti sulle comunità scolastiche.

Le Linee guida regionali della Campania

A partire dal 2016, il processo di dimensionamento scolastico della Regione Campania è regolamentato da apposite “Linee guida di dimensionamento della rete scolastica e di programmazione dell’offerta formativa – A.S. 2020/2021”, approvate con D.G.R. N. 212 del 20/05/2019, il cui portato innovativo è finalmente fondato su meccanismi di reale partecipazione attiva degli enti locali e delle parti sociali in uno con il dipartimento territorialmente competente del MIUR e gli Uffici regionali dell’Istruzione.

Questo documento rappresenta lo strumento di definizione dei criteri e delle modalità attraverso cui si perviene al dimensionamento della rete scolastica regionale e dell’offerta formativa presso gli istituti della Regione Campania. In particolare, le Linee guida orientano il processo di dimensionamento e di programmazione dell’offerta formativa mirando alla definizione del dimensionamento della rete ottimale che persegua l’assegnazione di un Dirigente Scolastico (DS) e di un Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) per ciascuna Istituzione scolastica così da garantire il diritto allo studio e il successo dell’azione formativa in uno con la razionale distribuzione degli istituti scolastici sul territorio e con la programmazione dell’offerta formativa,

Il successo dell’operazione si fonda sull’implementazione di un processo condiviso tra: le Istituzioni scolastiche, i Comuni, le Province o la Città metropolitana, gli Ambiti provinciali, la Direzione Scolastica Regionale, le Confederazioni e le Organizzazioni sindacali del settore scuola e la Regione Campania.

I percorsi organizzativi e formativi sono ispirati al protagonismo della platea di allievi e dell’intera comunità scolastica regionale e ad essi sono assicurati adeguati strumenti e servizi di supporto per l’accesso e la frequenza di tutti gli studenti.

La Regione Campania svolge ruolo di coordinamento ed armonizzazione sul territorio regionale, opera in sinergia con l’USR e gli altri soggetti coinvolti, convoca il Tavolo di Coordinamento con gli Enti Locali di supporto alla programmazione regionale ed il Tavolo tecnico di confronto con le confederazioni e le organizzazioni sindacali del settore scuola, istituiti con la D.G.R. n. 129 del 30/03/2016, e l’U.S.R.. Sotto il profilo normativo, attesta la rispondenza delle proposte con gli indirizzi ed i criteri delle presenti linee guida ed individua le migliori soluzioni in caso di inerzia da parte degli Enti locali.

Il Piano di dimensionamento della rete scolastica ed il Piano regionale dell’offerta formativa viene approvato dalla Giunta regionale. In merito all’attribuzione alle scuole di autonomia, nel rispetto delle direttive ministeriali, le istituzioni scolastiche per essere autonome devono avere di norma un numero di alunni, consolidato e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compreso tra un minimo di 600 ed un massimo di 1200, con media regionale statuita tendenzialmente a quota 900 alunni. Per i motivi innanzi richiamati sono previste deroghe rispetto ai citati parametri ordinari nelle istituzioni scolastiche site nelle piccole isole e nei comuni montani che devono avere di norma un numero di alunni pari a 400.

Per realizzare questi numeri le istituzioni scolastiche sovradimensionate dovrebbero limitare il numero delle iscrizioni in entrata tenendo conto della capienza massima dei locali e degli spazi disponibili in base alle vigenti norme in materia di sicurezza, così da evitare rotazioni o doppi turni o dilatazioni artificiali del tempo scuola a discapito della qualità dell’offerta formativa.

La proposta di nuovi indirizzi da parte delle scuole secondarie di secondo grado deve essere supportata da un progetto di fattibilità che dimostri la disponibilità degli eventuali laboratori e di eventuali attrezzature necessarie al piano di studi relativo all’indirizzo richiesto. Le richieste devono tenere conto della presenza di eventuali indirizzi uguali in scuole viciniore. Se è vero che le scuole, con l’autonomia, hanno la possibilità di trasformare la propria missione così da rispondere alla domanda del territorio è vero anche che la presenza di indirizzi simili, se non perfettamente identici, in istituti contigui genera una concorrenza deleteria che mortifica l’identità culturale di tutti i soggetti coinvolti.

4.         Numeri e considerazioni

In Italia ci sono 8.094 Istituti scolastici con una distribuzione su base regionale che va dai 1.120 istituti in Lombardia (13,84% su totale nazionale) ai 50 istituti presenti in Molise (0,62% su totale nazionale).

Le Regioni più virtuose in termini di rispetto delle indicazioni ministeriali che invitano le Regioni a dimensionare le proprie istituzioni scolastiche mirando alla creazione di Istituti Comprensivi sono Il Friuli-Venezia Giulia, la Liguria, il Molise e la Basilicata che non hanno Direzioni Didattiche né Istituti I grado nel loro panorama scolastico.

Una riflessione sull’ottimizzazione della rete scolastica può derivare dall’analisi della tabella seguente che mette in relazione il numero degli istituti scolastici con il numero di alunni presenti in ciascuna Regione per ciclo di istruzione.

È evidente che, in tutte le regioni, il numero di alunni medio per ciascun istituto supera il limite dei 600 stabilito dalla attuale normativa quale soglia perché la scuola sia autonoma e quindi dotata di un proprio Dirigente Scolastico e di un proprio Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi. Questa analisi, esclusivamente numerica, non prende in considerazione situazioni morfologiche, densità di popolazione, flussi e dinamiche territoriali specifiche, situazioni socio economiche e relazionali ed altre variabili che condizionano ed incidono sul numero di alunni afferenti ad ogni singola scuola.

Analizzando la reale situazione relativa alle autonomie scolastiche presenti si perviene ad una distribuzione delle istituzioni su base regionale riepilogata nella Tabella 3.

Il dato relativo alle Istituzioni scolastiche autonome, come ormai chiaro, è di particolare importanza perché direttamente collegato al numero di Dirigenti Scolastici e di Direttori dei Servizi Generali ed Amministrativi nominati. Un’istituzione autonoma è, infatti definita tale perché dotata di un proprio DS ed un proprio DSGA e non affidata ad un Dirigente già in servizio presso altra scuola.

Il numero degli Istituti in reggenza risulta variabile in modo significativo tra le diverse regioni. Di certo le Regioni che presentano un numero di reggenze più alte sono quelle che presentano una disomogeneità nella densità abitativa importante. Estese aree della Basilicata, della Sardegna e della Calabria risultano scarsamente densamente abitate e hanno quindi difficoltà a raggiungere i parametri minimi per l’ottenimento dell’autonomia di un’Istituzione scolastica.

La situazione del Lazio è particolare perché le scuole in reggenza sono 86 ma solo 31 risultano essere sottodimensionate. Il motivo del numero di reggenze così elevato non è ascrivibile ad un problema di densità abitativa ma piuttosto al fenomeno dei distaccamenti di personale dirigente nel Lazio che risultano stabilmente più elevati che altrove, considerata la presenza degli uffici centrali.

Un’ulteriore approfondimento può essere fatto analizzando il numero di plessi medio gestito da ciascun dirigente scolastico.

Nonostante la Regione Campania sia in una posizione migliore rispetto alla media nazionale immaginare che un unico Dirigente Scolastico possa gestire circa 5 plessi spesso distribuiti sul territorio distanti tra loro e non facilmente collegati come accade in alcune aree interne della nostra Regione, rende indispensabile una riflessione che porti alla modifica dei criteri di attribuzione delle autonomie scolastiche.

Ultimo dato che bisogna considerare è il numero di alunni affidato a ciascun Dirigente Scolastico.

Elaborando i dati raccolti e le considerazioni fatte è evidente la necessità di un intervento sui criteri di attribuzione delle autonomie scolastiche e sull’incremento delle risorse destinate al reclutamento e alla conseguente immissione in ruolo e assegnazione alle Istituzioni scolastiche dei Dirigenti scolastici e dei Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi e che consenta di perseguire l’obiettivo comune a tutti i soggetti coinvolti e che vede quale prioritario il riconoscimento alla scuola di un ruolo cardine nella costruzione di una società migliore.

Il ruolo del Dirigente scolastico, soprattutto in seguito al riconoscimento dell’autonomia alle Istituzioni scolastiche e dell’equiparazione del Dirigente ad un datore di lavoro, diventa fondamentale nel successo formativo e sociale che una scuola deve avere.

Trovarsi a gestire contemporaneamente un numero di plessi alto ed addirittura Istituzioni scolastiche diverse come nel caso delle reggenze, che molto spesso presentano caratteristiche differenti sia per eterogeneità della platea che per caratteristiche morfologiche dei territori nei quali la scuola è insediata, non consente una programmazione e una conseguente gestione ottimale.

Gli ultimi concorsi per Dirigente Scolastico sono stati banditi con la promessa che avrebbero rappresentato la fine delle reggenze. Un obiettivo che, soprattutto per quanto riguarda le istituzioni sottodimensionate, può essere in buona parte realizzato, ripristinando la situazione di titolarità di tutte le istituzioni scolastiche ma solo ed esclusivamente attraverso la revisione dei parametri di dimensionamento d’intesa con le regioni. Pertanto, appare chiaro che il rispetto delle disponibilità economiche stabilite dai Ministeri preposti ovvero le logiche di budgeting del contingente per la scuola non possono rappresentare il criterio guida per la definizione dei livelli ottimali di dimensionamento scolastico. È ormai non più procrastinabile la revisione dei criteri tenuto conto che la scuola non è un’organizzazione complessa qualunque ma il luogo dove vive una comunità e, al pari di ogni comunità, necessita di una guida.

È per questo che la figura del dirigente scolastico tra spinte manageriali e affermazione dell’autonomia deve ritornare ad incarnare la missione di faro educativo di una collettività. Di qui l’improcrastinabile decisione di investire per assicurare in ogni territorio, tra gli altri fattori di sviluppo dell’istruzione, una guida costante, competente e stabile.

 

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